Il tribunale di Cosenza
2 minuti per la letturaCOSENZA – Nuove testimonianze in aula per far luce sulla morte del piccolo Giancarlo Esposito, annegato nella piscina di Campagnano il 2 luglio del 2014. Ieri mattina, nel processo che vede imputate cinque persone, è stato chiamato a deporre il dottor Arcangelo Fonti, medico legale nominato dalle parti civili, presente anche durante l’esame autoptico effettuato sul corpicino dello sfortunato bimbo.
Sulle dichiarazioni del teste dell’accusa è intervenuto il giudice chiedendo chiarimenti su un punto cruciale dell’accusa: il piccolo era già deceduto quando lo hanno tirato fuori dall’acqua? Il piccolo Giancarlo Esposito, 4 anni, morto nella piscina di Cosenza il 2 luglio 2014 (LEGGI LA NOTIZIA), sarebbe deceduto per annegamento.
A dirlo il dottore Arcangelo Fonti, medico legale della parte civile, escusso questa mattina nell’udienza del processo in corso al tribunale di Cosenza e che vede imputato l’imprenditore Carmine Manna, presidente del consorzio di gestione che amministra la struttura comunale, insieme ad alcuni assistenti bagnanti ed istruttori. Fonti ha dichiarato di aver partecipato all’esame autoptico e, per lui, la morte di Giancarlo «è da addebitare ad un’insufficienza respiratorio causata da “inondazioni delle vie aeree».
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Il medico ha confermato che nella bocca è stata riscontrata la presenza di una schiuma che è caratteristica dell’imbibizione. Al teste è stato chiesto se il piccolo avesse patologie particolari, e Fonti ha risposto che è stato riscontrato “un organico cardiaco con anomalia di modesta entità, ma durante l’autopsia non ho rilevato segni di scompenso cardiaco”.
Il teste dell’accusa ha detto ancora che “se il bambino fosse stato soccorso nei primi tre, cinque minuti, e gli fossero state praticate le manovre di salvataggio, si sarebbe salvato”.
Per Fonti, quindi, “il bambino non ha ricevuto assistenza nei primi 3, 5 minuti”. Alla domanda dell’avvocato Chiaia, legale dei genitori di Giancarlo, se il bambino quando è stato tirato fuori dall’acqua fosse vivo, il medico legale, ha ribadito che l’edema polmonare non è stato altro che un effetto dell’annegamento e che le manovre rianimatore sono state inutili, in quanto il piccolo Giancarlo era già morto. ha risposto che era già morto.
A questo punto si è registrato l’intervento del giudice Di Dedda che ha fatto notare al teste di essere caduto in contraddizione, avendo dichiarato qualche minuto prima che se ci fosse stato l’intervento immediato il bimbo si sarebbe potuto salvare, mentre qualche istante dopo Fonti ha dichiarato che il bimbo era già morto quando lo hanno tirato fuori dall’acqua. A questo punto è intervenuto l’avvocato della difesa, Sabrina Rondinelli, che ha chiesto a Fonti se l’edema polmonare riscontrata nel bambino potesse essere ricondotta ad altre patologie. Il teste ha risposto affermativamente. L’udienza è stata rinviata al 14 giugno per l’escussione dei testimoni della difesa.
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