X
<
>

Roberto Porcaro

Share
3 minuti per la lettura

Il boss cosentino Roberto Porcaro scrive al giudice e spiega nel dettaglio i perché ha fatto un passo indietro risetto all’essersi pentito

LO aveva promesso e lo ha fatto. A distanza di poco più di due mesi dall’annuncio del 12 ottobre scorso, Roberto Porcaro prende carta e penna e, dal carcere di Terni dove si trova recluso, condensa in una lettera indirizzata al giudice Fabiana Giacchetti – che presiede il Tribunale di “Reset” in abbreviato –, le motivazioni del clamoroso passo indietro nel percorso di collaborazione con la giustizia. In calce la data del 29 novembre 2023. «Un calo psicologico, di serenità, di umore e di salute»: ecco cosa si celerebbe dietro la scelta dell’ex pentito e, prima ancora, di quelle che lui stesso definisce «menzogne dette in tutte le mie dichiarazioni». «In circa nove anni – è scritto a penna, in stampato, su un foglio a righe – sono stato raggiunto da nove ordinanze».

Porcaro spiega che «scegliere quel percorso» gli era sembrata «l’unica soluzione per essere lasciato in pace» da quella che considera una «persecuzione» da parte della Dda. «La Procura man mano inseriva nelle ordinanze, non capisco a che fine – va avanti l’ex collaboratore –, vicende strettamente personali e familiari che, ribadisco, non hanno niente a che fare con vicende criminali o legate a reati presunti». Porcaro – ritenuto dagli inquirenti il reggente del clan di ‘ndrangheta degli “italiani” federato con quello degli “zingari” – non sembra rivedersi in quell’identikit: «Io certamente nella mia gioventù sono stato un giovane un po’ esuberante – minimizza -, ma posso dire con assoluta certezza che non sono la persona che descrive la Procura. Iniziando quel percorso mi sono accorto che si devono dire tante bugie, ma dopo circa due mesi dall’inizio di quel percorso mi sono accorto che dire bugie non è mestiere che fa per me».

Porcaro, poi, ne ha anche per tutti i collaboratori, tra cui Francesco Greco e Ivan Barone, che lo avevano accusato: «Loro – afferma – sanno bene che le cattiverie e bugie dette su di me sono frutto di lettura di atti e di giornali. Io in tutte le dichiarazioni che ho reso – ribadisce – ho detto solo bugie, frutto della lettura delle ordinanze a me pervenute, quindi sono un gran conoscitore di atti, in più leggevo giornali on-line, e giornali cartacei, a questo ho aggiunto una fantasia esagerata». Sarebbero stati, quindi, i provvedimenti giudiziari e gli articoli dei giornalisti a “ispirare” i suoi racconti mendaci. «Spero solo che chi continua a dire bugie si passi la mano sulla coscienza e dicesse la verità», aggiunge.

Infine, in merito alle accuse che gli vengono mosse: «Io non faccio parte di nessuna associazione, non ho alcun gruppo, non sono mai stato affiliato, quelle falsità da me dette in tutte le mie dichiarazioni sono riconducibili alla lettura di giornali on-line, di giornali cartacei, e di ordinanze a me pervenute, ormai “purtroppo” tutto questo è alla portata di un bambino di 10 anni, andare su internet e leggere». La lettera è stata acquisita agli atti del processo che si sta celebrando in aula bunker a Catanzaro e che andrà avanti il prossimo 21 dicembre quando i pubblici ministeri Vito Valerio e Corrado Cubellotti formuleranno le loro richieste.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE