Giuseppe Di Bello, l'uomo che ha ritrovato i resti del piccolo Gioele Mondello
2 minuti per la letturaCOSENZA – Come riporta il Corriere della Sera, è originario di Verbicaro (Cosenza) l’uomo che ha ritrovato i resti del piccolo Gioele Mondello. Si tratta di Giuseppe Di Bello, brigadiere dei carabinieri in pensione, è stato per anni un cacciatore. Abbandonata la doppietta si è dedicato alla ricerca di funghi. «Quella zona del ritrovamento, più lato Palermo, la conosco perché vado spesso a funghi – ha raccontato al Corriere – con la montagna ho un rapporto d’amore, ma non conoscevo a fondo quella parte dove ho trovato Gioele».
«Ho iniziato a immaginare come la vedesse un bimbo di 4 anni – ha continuato nel suo racconto Di Bello – è rimasto solo lì, poi si è allontanato pian pianino da dove hanno trovato la madre. Di notte non vedendo delle luci dal lato di Palermo, la luna, o le luci di Caronia Marina, si è diretto verso il mare. Così ho camminato per un’ora circa finché mi sono imbattuto in un forte odore. Ma non vedevo nulla. Ho fatto su e giù quel pezzo di bosco, ma non mi rendevo ancora conto da dove provenisse quel lezzo. Non mi sono dato pace. Poi finalmente ho capito che quell’odore giungeva proprio dai paraggi. Ho iniziato ad alzare la macchia di rovi che copriva il terreno con il mio falcetto che uso quando vado a funghi e li ho scoperto i resti».
Il primo pensiero? «Ho alzato gli occhi al cielo. Sono credente. Anche Gioele ha pregato affinché qualcuno lo ritrovasse. La notte passata, però, è stata la più brutta della mia vita. Il dolore, l’angoscia per com’è stato ridotto quel corpicino. Non si può dimenticare».
Prima di mettersi in marcia proprio Di Bello aveva raccontato al Corriere che quella è una zona dove abbondano maiali neri. «Mi avevano detto che non c’erano. Io li ho visti liberi. Non sono pericolosi, ma se c’è una scrofa o un verro di quelli più grossi che si sente in pericolo e si trova il passaggio ostruito da un essere umano, ti aggredisce. Ma per difendere la prole».
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