X
<
>

Gianfranco Jannuzzo

Share
5 minuti per la lettura

Gianfranco Jannuzzo, attore e fotografo, sarà ospite del Corigliano Calabro Fotografia e si apre al Quotidiano del Sud


ATTORE e Fotografo. Sono due passioni che Gianfranco Jannuzzo ha sempre portato dentro di sé, anche se poi la vita l’ha portato a calcare i palcoscenici, grazie anche all’insegnamento del più eclettico degli attori italiani, quel maestro indimenticato e indimenticabile che è stato Gigi Proietti. Jannuzzo sarà ospite nella ventunesima edizione del festival Corigliano Calabro Fotografia – da oggi a domenica 8 – sotto la direzione artistica di Gaetano Gianzi, organizzato dall’Associazione Corigliano per la Fotografia e il patrocinio del Comune.
Come ogni anno ci saranno tante mostre, presentazioni di libri, premiazioni e le letture di portfolio. Parte oggi il festival e parte proprio con la presentazione del libro “Gente Mia” di Jannuzzo. Interverranno, oltre all’autore, Gaetano Gianzi, Nello Gallo, Antonio Liotta (editore) e Angelo Pitrone (curatore). Abbiamo avuto l’occasione di chiacchierare amabilmente con Jannuzzo per parlare di fotografia, teatro e altro.

Un libro di fotografia dal titolo forte, “Gente mia”, come si articola?

«Tutto nasce da quando io ero ragazzo e dovevo decidere se fare il fotografo o l’attore. Davvero era una passione fortissima. Da giovanissimo, avevo cominciato a fotografare la mia gente, quella della mia città, Agrigento, per andare a vedere dove avevano vissuto, e trovai nel centro storico delle persone straordinarie. Poi ho scelto di fare l’attore perché in una delle estati che passavo in Sicilia mi arrivò la comunicazione che ero stato preso dal grande Gigi Proietti nella sua scuola meravigliosa, il laboratorio di esercitazioni sceniche.
Quindi cominciai la professione di attore, ma ho sempre coltivato la passione della fotografia. Qualche anno fa sono ritornato negli stessi luoghi che avevo fotografato da ragazzo e ho ritrovato quei ragazzi che allora erano bambini ed oggi cinquantenni, però, le stesse facce, gli stessi volti, lo stesso atteggiamento di meraviglia nei confronti di questa città straordinaria. Alcuni vivono ancora nel centro storico, questo lo dico perché riguarda tutti noi, riguarda la mia città, ma riguarda la Calabria, e tutte le altre città.
Se non ci fossero queste persone meravigliose che vivono nel centro storico o per motivi di scelta o per motivi economici – i centri storici sono di stesso delle strutture fragilissime – sarebbe molto difficile poterli conservare come meritano, questi centri storici sarebbero destinati a crollare miseramente. Quello che viene fuori da questo libro, per mia enorme fortuna, lo dico con una punta di orgoglio, è che io parlo della mia città, ma in realtà la loro città l’hanno trovata tutti qui, tant’è vero che questo libro è un successo editoriale arrivato alla terza ristampa».

Uno dei protagonisti della tua opera fotografica è il grande Gigi Proietti, qual era il rapporto tra Gianfranco Jannuzzo e Gigi Proietti visto che vieni dal suo famoso laboratorio?

«Sì, ed è stato un rapporto straordinario, tant’è che lui ha addirittura aspettato che io fossi libero per produrre e fare la regia di uno spettacolo di Pirandello che lui voleva assolutamente che facessi, quindi siamo sempre stati molto amici, naturalmente, come può essere amico un allievo di un maestro.
C’era sempre per me un enorme timore reverenziale, ma lui era una persona talmente generosa che davvero diventammo amici, nonostante la differenza di età di circa quindici anni. Lui è stato un attore generosissimo, è un aggettivo che ripeto ma si addice perfettamente a descriverlo, forse il più eclettico che abbiamo avuto e quello che ci ha insegnato veramente una porta sul mondo. Pensa che nel laboratorio del mio anno sono usciti attori come Pino Quartullo, Massimo Wertmüller, Rodolfo Laganà, Tiziana Cruciani, tutti ottimi professionisti.
Con questa impostazione di essere i più eclettici possibili, non fare differenza tra comico drammatico, ho affrontato la fotografia e sono contento di essere al Festival portato da un grande operatore culturale come Gianzi, che da oltre vent’anni si adopera al meglio e dove sono passati tutti i più grandi fotografi nazionali ed internazionali. Poi sono molto felice di presentare il libro in una location bellissima che è il castello di Corigliano-Rossano, grazie anche a Nello Gallo che sarà con me».

Tu hai scritto che la fotografia è poesia, in che senso questo?

«Ma guarda, la fotografia racconta quella cosa che tutti vorremmo fare, o che lo facciamo con un telefonino che lo facciamo con la macchina più raffinata possibile noi abbiamo la piccola presunzione di fermare l’istante per quell’attimo lì per cui vogliamo fotografare nostra moglie, la nostra fidanzata, nostra mamma, nostra nonna, i nostri figli, i nostri nipotini. Per un attimo abbiamo l’illusione di fermare il tempo. Quando naturalmente, oltre a questi scatti fatti così tanto per come una specie di block notes, invece c’è un pensiero dietro, cioè si mettono d’accordo occhio, testa e cuore. Allora quella composizione diventa poesia».

Da uomo del Sud sempre orgoglioso delle sue origini, qual è il rapporto di Gianfranco Jannuzzo con la Calabria?

«Meraviglioso, per un motivo semplicissimo. Io quando ero ragazzo ho avuto una gran colpo di fortuna. Sono stato preso dal più piccolo teatrino romano che era una sorta di cantina per andare a fare questo stesso spettacolo a Sistina, che allora era veramente il Tempio dei del teatro leggero e del teatro in generale. Mi volle proprio Garinei.
Da lì poi arrivai al Rendano di Cosenza e tutti mi accolsero con grande calore. Lì diventai amico, una delle più grandi amicizie che abbia mai avuto, con un grande attore calabrese, Totonno Chiappetta. Lui era una persona straordinaria, uno che andava anche a fare gli spettacoli per i carcerati, era amatissimo in Calabria. Poi sono venuto per circa dieci edizioni al Festival di Altomonte, quello dei Due Mari.
Un rapporto profondo e bellissimo. Inoltre, c’è una cosa che tengo sempre presente, non voglio fare sfoggio di cultura da settimane Enigmistica, ma una cosa meravigliosa è il grande Corrado Alvaro, il cui dettato io tengo presente tutti i giorni: “Non c’è tragedia peggiore che si possa impadronire di una società che la convinzione che vivere onestamente sia inutile”. Quindi una lezione straordinaria ed attuale di Corrado Alvaro».

I progetti per il futuro riguarderanno più la fotografia, il teatro o entrambi?

«Entrambi. Per ora la fotografia. Adesso mi godo la mostra al Corigliano Calabro Fotografia e poi porterò la mostra, più allargata alla Sicilia, nella mia città, proprio ad Agrigento. I progetti teatrali per la prossima stagione sono un nuovo spettacolo che si chiama Fata Morgana e la ripresa di uno spettacolo che ha avuto molto successo, che si chiamava Il Padre della Sposa».

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE