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IL 26 settembre 1813 nello slargo di Torre Vetere (attuale piazza XV Marzo) a Cosenza venne giustiziato dalle truppe di Gioacchino Murat, Vincenzo Federici detto Capobianco, originario di Altilia. Era un uomo che aveva aderito alla Carboneria ma che non sopportava le angherie dei nuovi governanti francesi. Iniziò una lotta impari contro chi era giunto nel Sud italia per portare le idee di libertà che avevano infiammato la Francia. Capobianco prima guardò con entusiasmo Murat e i suoi luogotenenti, poi man mano si rese conto che erano peggio degli odiati Borboni. E si diede alla macchia per organizzare una resistenza.
Fallì il tentativo di conquistare il castello svevo, sede della gendarmeria, e fu tradito come Giuda per un gruzzolo di ducati. Di nascosto fu portato davanti al generale Manhès, soprannominato «lo sterminatore» nella sede operativa delle forze francese di Palazzo Del Gaudio (nella foto) dove venne processato. Ora la sua vicenda di patriota è racchiuso in un romanzo storico scritto da Rita Fiordalisi, che rilegge questa storia, fino ad ora tenuta sotto silenzio, con gli occhi della moglie di Federici, Maria Angelica De Gotti. L’ultima carezza di Vincenzo, questo il titolo del volume, è stato presentato in anteprima nazionale alla Settimana della cultura calabrese di Camigliatello Silano, e si spera che da ora in poi si faccia memoria che il primo martire per l’Unità d’Italia fu Federici e che i Fratelli Bandiera, anch’essi giustiziati a Cosenza, vennero solo 31 anni dopo….
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