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Gli anziani lo sanno: «Sul Pollino si balla». Il sismologo Ignazio Guerra, docente dell’Universita della Calabria, rievoca quanto ripete ogni volta che viene interpellato sul tema dei terremoti: «Si tratta di fenomeni che non possono essere previsti». E allora lo studio si concentra sui precedenti. Dalle carte storiche ne emergono due più eclatanti: nel 1888 e nel 1973. Anche in quei casi nella zona si “ballò” a lungo, ma dai documenti risulta un bilancio dei danni fatto solo da qualche lesioni ad alcuni edifici. Sarà così anche questa volta che lo sciame sismico torna a spaventare l’alto Cosentino? Ignazio Guerra si stringe nelle spalle: «E’ una parola, come faccio ad assicurarlo».
Sono mesi ormai che si parla delle scosse. E negli ultimi giorni, due volte se ne sono registrate nella notte tra domenica e lunedì e altre due a distanza di ventiquattro ore. E poi un’altra scossa, nella mattinata di martedì, registrata alle 9,40. Prima ancora, la terra ha ballato con una frequenza snervante a ridosso del Pollino, fino a una magintudo di 4.3. Non è poco: in Emilia, le case sono venute giù con magnitudo 5.8. Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto ha scritto allarmato al premier Mario Monti segnalando che il centro storico della sua città rischierebbe di sbriciolarsi in caso evento sismico rilevante. A gennaio, addirittura, il governatore Giuseppe Scopelliti ha chiesto al Governo nazionale il riconoscimento dello stato di attenzione per il potenziale pericolo in atto e la conseguente emanazione di una specifica «Ordinanza di Prevenzione» per i Comuni di Mormanno, Laino Borgo, Castrovillari e Laino Castello. In quel periodo si erano registrate oltre cinquecento scosse in una sola settimana.
«Il fenomeno – ricorda Ignazio Guerra – è iniziato a settembre del 2010, poi è passato in stasi a primavera del 2011 per riprendere con più vigore nell’autunno scorso, con un epicentro spostato verso Rotonda, in Basilicata, sul versante Nord». Ora, però, sottolinea l’esperto, sembra che di nuovo si sia spostato a sud, visto che l’epicentro si è collocato su Morano. «Si tratta – spiega – di una situazione complessa, legata a molte piccole faglie: finché si rompono una alla volta è tutto a posto, ma se si dovessero rompere insieme non so dire cosa succederebbe».
Difficile anche valutare la possibile propagazione di un evento sismico. In pianura padana, ad esempio, le scosse sono state avvertite a centinaia di chilometri di distanza: «Più che l’orografia conta la costituzione del suolo – precisa Guerra -. Nell’area del Po si tratta soprattutto di sedimenti, è chiaro che sulle rocce granitiche le onde arrivano più attenuate. E così in Sila ci sarebbe una propagazione, nella piana di Sibari e nella valle del Crati, ovviamente, tutt’altra».
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