X
<
>

Share
4 minuti per la lettura

CASTROVILLARI (CS) – Se potesse parlare svelerebbe tutti i segreti che ammantano il mistero della morte di Denis Bergamini; ma non parla la Maserati 333 Spyder 2.0 che il centrocampista di Ferrara comprò, due mesi prima di morire, con gli ingaggi che il Cosenza gli triplicò per legarlo a sé durante la migliore stagione calcistica dei Lupi. Eppure, quell’auto mitica col tridente sulla griglia del musetto aggressivo, oltre a un V6 a benzina da 1996 centimetri cubici e da 182 cavalli di potenza, nasconde molte cose.

LEGGI TUTTE LE NOTIZIE SUL CASO DI DENIS BERGAMINI
NEL FASCICOLO IN AGGIORNAMENTO DINAMICO

Di certo, una storia travagliata, fatta di numerosi passaggi di proprietà che alla fine ne azzerano il valore di vendita pur trattandosi di una macchina praticamente nuova: ancora oggi il suo tachimetro sportivo, nonostante un viaggio in Germania, conta solo 15 mila chilometri. Aspetti – lo scarso chilometraggio e il breve periodo di possesso – che potrebbero far escludere l’utilizzo del veicolo per un presunto traffico di droga in cui il calciatore sarebbe rimasto coinvolto. Una ipotesi comunque che ha bisogno di altri approfondimenti. Ma eccola, la storia di quella macchina, tutta scritta nei suoi documenti. La Maserati viene immatricolata il 2 maggio 1989, a Cosenza. Perciò la prima targa dell’auto è CS433357.

Il 10 agosto 1989 la “333 Bosi” diventa di proprietà della trentacinquenne, all’epoca, Concetta Lanzino (che non è sorella del boss latitante di Luzzi, Ettore Lanzino) moglie di Francesco Sprovieri. Decisamente un bell’acquisto, visto che è costata 43 milioni di lire, almeno sulla carta. Molto di più di quel prezzo promozionale – sotto i trenta milioni – con la quale la casa di Modena lanciò all’inizio la vettura pi_ giovanile della gamma. Solo tre settimane dopo, esattamente il primo settembre, la Maserati appartiene al ventisettenne centrocampista di Boccaleone d’Argenta che a Cosenza fa girare la testa a molte ragazzine, anche senza bolide decapottabile. Prezzo di compravendita – sempre sulla carta – stavolta è di soli 25 milioni. Una svalutazione galoppante, si direbbe; ma questo valore potrebbe essere fittizio, visto che un cugino del marito della venditrice – dirigente del Cosenza Calcio che si sarebbe occupato della trattativa per la compravendita – ai carabinieri che lo hanno interrogato all’epoca della prima inchiesta (per omicidio colposo contro il camionista Raffaele Pisano) ha dichiarato che il prezzo era stato di 35 milioni, pagati con contanti ritirati alla Cassa rurale e artigiana di Roges di Rende.

Dai movimenti di denaro dai libretti di deposito bancari intestati a Denis in quella data sarebbe invece risultato solo un prelievo di 20 milioni. Il passaggio di proprietà da cittadini di provincia diversa, a quell’epoca rendeva necessario il cambio di targa; cosÏ la Maserati acquisisce quella FE457412 con la quale è tristemente passata alla cronaca. E per beffa della sorte, e per lentezza burocratica, il registro automobilistico annota il passaggio di proprietà solo il 21 novembre 1989, tre giorni dopo quel tragico e piovoso pomeriggio di prepartita. Nell’estate del ’90, tra le altre dolorose incombenze che la famiglia ferrarese deve affrontare, c’è anche quella della macchina di Denis, che dapprima viene intestata alla sorella, e poi alla madre; fino a quando la Maserati, svalutata dall’amarezza, lascia il garage di Boccaleone. Il 25 maggio 1993 – esattamente un anno dopo che la Corte di appello di Catanzaro assolve in via definitiva il camionista che era alla guida del Fiat Iveco 180 che lo investì – l’auto di Denis viene venduta a una coppia di collezionisti di Valle di Cadore, in provincia di Belluno; per questo ancora oggi la Maserati scandagliata dai carabinieri del Ris di Messina porta la targa BL287884.

I due l’hanno usata pochissimo: ci sono andati solo una volta in vacanza, in Germania; e hanno fatto qualche giretto fuoriporta la domenica mattina, con la bella stagione. L’auto è stata custodita sotto un telo di plastica, vicino a un’altra Biturbo. E quando il 3 febbraio 2011, mentre l’avvocato Eugenio Gallerani mette insieme i pezzi del puzzle che gli consentiranno quattro mesi dopo di chiedere alla Procura la formale riapertura dell’inchiesta sulla morte del figlio, Domizio Bergamini è andato in Veneto a riprendersela. I due propietari gliel’hanno ridata come si ridà un bambino al legittimo padre. L’ha riacquistata a un prezzo decisamente simbolico: mille euro. Pronta per darla agli inquirenti. Oggi, con ventidue anni di età, oltre a un mito della casa automobilistica emiliana, quell’auto è divenuta un’icona: l’emblema del caso di Denis Bergamini e dei mille misteri che ancora circondano la sua morte. E così la misteriosa Maserati, come un cane accucciato sulla soglia di casa ritrovata dopo tanto cammino, attende come tutti che sia reso noto l’esito dei rilievi dei Ris, come il ritorno del suo padrone.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE