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Come è morto Denis Bergamini? Un suicidio come ben due sentenze hanno stabilito oppure un omicidio? Lo sappiamo: non sono domande nuove, anzi sono quesiti vecchissimi, subito affiorati sulle bocche di molti da quando quel povero ragazzo emiliano, idolo della tifoseria del Cosenza, venne trovato morto sulla statale Jonica in quel maledetto giorno di pioggia e di tristezza del novembre 1989. Lo sappiamo: da noi i processi non finiscono mai. Lo sappiamo: siamo un paese dove non si riesce mai a sollevare la nebbia su certe brutte storie, a cominciare dai grandi misteri della storia recente. Da Pinelli alla strategia della tensione, alle bombe fasciste, al terrorismo rosso. E poi Ustica, le stragi della mafia. Anche quando ci sono sentenze definitive con colpevoli accertati e condannati o innocenti proclamati, restano tanti interrogativi. Una volta è il Potere, una volta sono i Servizi, una volta indagini e sentenze sbagliate. Non si sa mai se per incapacità o perché pilotate. Bergamini è tutta un’altra storia. Ma una brutta storia anch’essa.
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NEL FASCICOLO IN AGGIORNAMENTO DINAMICO
Una tragedia di una realtà piccola e provinciale. Denis non era certo un nome che richiamava i titoloni sui giornali. Anche se la sua fine è stata oggetto di articoli su articoli, ha riempito fascicoli giudiziari, ha prodotto anche qualche libro. Ma il giallo che circonda l’epilogo di questa vita giovane non viene risolto. Anzi con il passare degli anni si infittisce. Al punto che uno dei protagonisti della vicenda – il conducente del camion che avrebbe investito il calciatore che s’era buttato sotto il mezzo – viene considerato addirittura morto mentre è vivo e vegeto. Non che questo sia una colpa, beninteso. Come non è una colpa essere il padre di una persona coinvolta in una inchiesta mafiosa. Oltretutto parliamo di uno che è stato assolto due volte dall’accusa di omicidio colposo. Resta il fatto che ci sono troppe cose che non combaciano, troppe testimonianze che lasciano perplessi come scrive il nostro Francesco Mollo nelle due pagine che abbiamo dedicato al caso. E poi documenti spariti, reperti che non si trovano. Insomma, lunghe ombre continuano a oscurare quella morte e quegli anni di splendori e miserie della Cosenza pallonara e non. Droga e scommesse, per intenderci. Non stiamo rivelando nulla di nuovo ma se anche i familiari di Bergamini sono disposti ad accettare verità “pesanti” sul figlio, forse è il caso di riconsiderare queste ipotesi. Anche perché la sensazione – che non è una prova, neanche questa – è che il calciatore sia venuto a conoscenza di cose che non doveva sapere. Sono ipotesi, sussurri, niente di più. E forse non si arriverà mai a capire davvero che cosa sia successo negli ultimi istanti di vita di Bergamini. I familiari continuano a chiedere giustizia per Denis. Hanno ottenuto una nuova inchiesta presso la Procura di Castrovillari, hanno riportato il caso in tv, sperano che la verità ufficiale – fu suicidio – venga smentita. A noi tocca esortare chi deve svolgere le indagini affinché non tralasci nessuna strada per dare risposte definitive e certe su quella morte assurda. Che non si metta poco impegno perché è una storia vecchia come tante altre. Che non si scrollino le spalle. Lo vogliono la madre, il padre, la sorella. Lo chiedono quei tifosi ancora innamorati di quel ragazzo con la maglia rossoblù e il numero 8 sulle spalle. La verità, soltanto.
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