Il duo comico "PanPers"
3 minuti per la letturaCATANZARO – Il “Best of” di sketch, monologhi, musica e giochi, compone lo spettacolo “10 anni di minchiate” di Andrea Pisani e Luca Peracino, meglio noti con il nome di PanPers. Per il decimo anniversario il duo comico arriva al Teatro Politeama, nella serata domani, venerdì 18 febbraio, con uno show che, Luca Peracino precisa: «È uno spettacolo dal titolo sbagliato, perché ormai di anni ne son passati quasi quindici».
Come nasce l’idea dello spettacolo e cosa ci si deve aspettare?
«Di sketch e monologhi ne abbiamo scritti tanti e nel “best of” non sapevamo quali mettere, così abbiamo deciso di far scegliere il pubblico. All’inizio dello spettacolo viene proiettata una scritta e viene chiesto al pubblico di inviare un emoticon e in base a cosa riceviamo, quelli saranno i pezzi che faremo. Alcuni più significativi, si riconoscono, altri invece solo i fan più accaniti potrebbero ricordarli. È una cosa democratica insomma».
Negli anni, sono capitate situazioni difficili che hanno messo a rischio la stabilità del duo?
«Forse un paio di volte perché avevamo bevuto troppo, mai per motivi seri, amicizia o donne. In generale, mai. Lavoriamo insieme da tempo e ogni tanto discutiamo su idee diverse, ma fidandoci abbastanza l’uno dell’altro si va avanti senza intoppi».
Ci sono argomenti di cui avreste voluto parlare, ma che ad oggi non avete trattato?
«Mi pare di no, ci vengono in mente battute un po’ troppo politicamente scorrette e sarebbe bello se l’Italia fosse come l’America, in cui si può dire tutto, ma non viviamo in America e le teniamo per noi. Si può ridere su tutto, basta solo trovare la chiave giusta».
È più difficile far ridere oggi?
«La comicità cambia col tempo, è come una lingua che muta, ma se ci stai dietro e cerchi di capire come funziona, alla fine si riesce come sempre. Magari con le mascherine si sente meno, ma non è più difficile. Far ridere è un’emozione e un comico, che lo fa con tanti anni, sa quello che deve fare, anche se non è il nostro caso perché noi facciamo le cose a caso».
Il successo è arrivato più con internet o con la televisione? Il nuovo o il tradizionale?
«Il boom è stato sui social, perché il trend è più veloce. Abbiamo iniziato facendo “Colorado” e dopo abbiamo aperto il canale Youtube. Ci sono persone che sanno di trovarci su internet, altre in televisione. Lavorare in TV ti dà credibilità e prestigio, che non ottieni su internet, ma c’è un mondo che ti dice cosa dire o cosa fare, anche se ti sei guadagnato la fiducia di una produzione. D’altro canto, online puoi fare quello che vuoi. Piccole differenze, ma entrambe belle da cavalcare».
Cosa pensa dei successi flash forniti da alcune piattaforme online?
«TikTok da visibilità a chi diversamente non ne avrebbe. Il successo è reale, ma è un fuoco di paglia, perché se lo scopo è quello di diventare un creatore di contenuti, attenzione a non accontentarsi. È continuando a creare che si mantiene il successo. È una vitaccia, su TikTok avere tanti followers è facile, si diventa famosi più in fretta, ma molta più gente può farlo e poi viene fuori la ciccia».
Il personaggio del suo repertorio che porti nel cuore?
«Penso che Lo Zombie non può che essere nel mio cuore, con lo sketch del Signor Brenton. Ci sarebbe anche un personaggio segreto, che non ha mai visto nessuno ancora, ispirato a Il Signore degli Anelli. Era uno sketch veramente esilarante. Quando l’abbiamo scritto, Il Signore degli Anelli era già anacronistico, ma adesso che la serie è tornata non vedo l’ora di tirarlo fuori dal cassetto, siamo in fibrillazione.TV, social, teatro… e al cinema? Il cinema è un mondo che ci chiama e lo aspettiamo tipo chiamata del Signore. Non abbiamo però niente di nostro, lo rimandiamo a domani! Oggi uscire con una produzione nostra sarebbe prematuro, perché portare la gente al cinema è una missione difficile e dev’esserci un motivo».
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