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Sabato 30 novembre, Luca Barbarossa farà tappa al Teatro Grandinetti Comunale di Lamezia Terme per inaugurare la 47^ Edizione di MusicAMA Calabria.


LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Luca Barbarossa, uno dei cantautori più amati della musica italiana, sta conquistando il pubblico con il suo nuovo spettacolo “Cento storie per cento canzoni”. Un format originale, che unisce musica e narrazione, e che sabato 30 novembre farà tappa al Teatro Grandinetti Comunale di Lamezia Terme per inaugurare la 47^ Edizione di MusicAMA Calabria, kermesse ideata e diretta da Francescantonio Pollice. Ad accompagnare Barbarossa, la sua chitarra acustica e due straordinari musicisti: Claudio Trippa alle chitarre e Alessio Graziani, polistrumentista della Social Band. Il tutto impreziosito dalle proiezioni immersive dell’Antica Proiettereia, che intrecciano suggestioni visive ai racconti e ai brani proposti. Abbiamo intervistato Luca Barbarossa per scoprire i segreti di uno spettacolo che sta incantando platee in tutta Italia.

Luca Barbarossa, com’è nata l’idea di “Cento storie per cento canzoni”?

«Tutto nasce dalla mia passione per la storia della canzone. Negli anni, ho accumulato tanto materiale che, un giorno, ha preso forma in un libro. Ma quel libro non voleva restare sulla carta: voleva suonare, parlare, emozionare. Così è nato lo spettacolo. Ho selezionato i brani e i racconti che meritavano di essere portati in scena, accompagnandoli con proiezioni suggestive che amplificano l’impatto emotivo. È un viaggio fatto di memoria e musica».

Quali emozioni spera di trasmettere al pubblico?

«Spero che il pubblico percepisca il valore della memoria, la profondità delle storie che racconto e il contesto storico che le avvolge. Ad esempio, parlo del Titanic attraverso la canzone di Francesco De Gregori, “I muscoli del capitano”, e svelo il segreto che nasconde questo brano».

A cosa si riferisce?

«La citazione di una ballata popolare che racconta il naufragio della nave Sirio, avvenuto sei anni prima del Titanic. È una tragedia dimenticata, che coinvolgeva migranti italiani, e che De Gregori ha voluto omaggiare. Un esempio di come la musica possa custodire storie importanti e farci riflettere su temi universali, come il valore della vita e l’attenzione che riserviamo a chi è meno visibile. È una storia di migrazione dolorosissima che De Gregori cita solo all’interno del brano ma è per intenditori, per chi vuole capire. Queste due sciagure vengono messe a confronto. Sembra che, quando muoiano i ricchi, ci sia maggiore attenzione mediatica rispetto a quando muore la povera gente. Questo valeva più di un secolo fa, ma è ancora attualissimo considerando la totale indifferenza nei confronti di chi tenta di arrivare qui da noi».

La canzone è immagine, è cinema. Un brano del suo repertorio che incarna al meglio questa definizione?

«Che domanda difficile. Ne ho fatte tante. Riflettendoci, “Come dentro un film” è un vero e proprio atto d’amore per il cinema. un’altra mia grande passione. Scrivere una sceneggiatura è uno dei miei sogni. Non escludo che, un giorno, alcune di queste storie possano prendere forma anche sul grande schermo».

Quanto è stato complesso trasformare un libro in uno spettacolo dal vivo?

«Molto più di quanto immaginassi! Lo spettacolo è faticoso, perché alterno narrazione e canzoni senza mai fermarmi. La scena va riempita costantemente, e ogni storia ha bisogno di pathos per arrivare al pubblico. È impegnativo, ma estremamente gratificante, perché mi permette di uscire dal mio repertorio per esplorare capolavori che hanno segnato la storia della musica».

Nel libro, esplora come le canzoni riflettano i cambiamenti sociali e culturali. Qual è un tema che accomuna la sua musica alle trasformazioni della nostra società?

«Nelle mie canzoni, ho trattato tanti temi. “Al di là del muro” parla di pregiudizi. “L’amore rubato” parla di violenza sessuale. Ho cantato brani che hanno affrontato un certo periodo storico come “Yuppies”. Sono sempre stato dell’opinione che le canzoni debbano parlare della nostra vita. Negli anni ’50, con l’avvento della canzone d’autore, si è aperta la strada a temi sempre più profondi e importanti, da Bob Dylan a De Gregori, Guccini e molti altri cantautori italiani».

In che modo questi grandi nomi hanno influenzato la sua carriera artistica?

«Enormemente. È grazie a molti di loro se ho deciso di intraprendere questa strada. Durante i miei spettacoli, racconto di Blowin’ in the Wind e spiego che, anche se l’arte da sola non può cambiare il mondo, qualcosa dentro di noi si trasforma quando ci troviamo di fronte a una canzone, un film, un quadro, un monumento. Sono esperienze che ci segnano, ci formano e diventano parte di noi. Bob Dylan, ad esempio, mi ha fatto desiderare di appartenere a questo universo artistico, di tradurre in musica le mie inquietudini, i miei stati d’animo e ciò che mi circonda. Patrizia Cavalli diceva che le sue poesie non avrebbero mai cambiato il mondo, e aveva ragione: ai poeti non diamo mai ascolto. Le guerre le abbiamo fatte comunque, nonostante i poeti ci avessero detto quanto fossero orribili. L’orrore e la crudeltà umana continuano, implacabili. Eppure, dentro di me coltivo la speranza che la bellezza possa salvarci».

Luca Barbarossa, quali sfide o sorprese la entusiasmano di più pensando al futuro?

«Mi ritengo davvero fortunato perché ogni giorno ho la possibilità di fare ciò che amo. Conduco Radio2 Social Club, un programma che ho modellato su misura nel corso degli anni. La sua bellezza sta nel fatto che, in un mondo dominato da distanze e musica digitale, rappresenta ancora un luogo fisico, tangibile, dove accadono cose reali. Mi entusiasma dedicarmi a ciò che mi appassiona, sia che si tratti del programma, della scrittura di un libro, della creazione di un nuovo disco, di un concerto o di uno spettacolo teatrale. Tutte queste attività hanno un filo conduttore: il desiderio di avvicinarmi agli altri. È questa connessione umana che mi stimola e mi sorprende continuamente».

Inaugurerà la 47esima edizione di MusicAMA Calabria. Che rapporto ha con il pubblico calabrese e con il Sud Italia in generale?

«Vengo a cantare dalle vostre parti dal 1981. Un legame che dura più di 40 anni. Ho visto la Calabria e i calabresi crescere insieme a me. Ho sempre trovato un pubblico affettuoso, rispettoso, attento ai contenuti, con un senso dell’accoglienza dell’altro molto bello. Vengo sempre molto volentieri».

Un messaggio al pubblico che verrà al Teatro Grandinetti Comunale?

«Chi verrà potrà assistere a uno spettacolo unico nel suo genere, dove musica, storia e immagini si fondono in un racconto emozionante. È un viaggio nella storia della canzone e dell’umanità, che spero tocchi il cuore di chi lo vive. Nelle altre città, come Bologna, Firenze, Napoli, Perugia, le repliche sono andate molto bene. Spero che il pubblico calabrese possa trovare interesse a questa formula originale. Le ultime date saranno a Roma nel mese di marzo. Le date sono diluite nel tempo perché posso lavorare solo nei weekend in quanto da lunedì a venerdì sono in onda».

Luca Barbarossa, quali sono i suoi progetti futuri?

«Spero di dedicarmi a un nuovo disco nel 2025. Il mio ultimo album risale al 2023. mi sono dedicato allo spettacolo “La verità vi prego sull’amore” insieme a Stefano Massini, per il quale ho scritto tutte le canzoni».

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