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Il 28enne Andrea Moraca racconta la sua storia, da Soveria a Milano e da Milano a Lamezia per l’economia sociale e sostenibile della Comunità Progetto Sud


Soveria-Milano-Soveria, dopo una laurea magistrale in “Management of innovation and entrepreneurship”. Quello di Andrea Moraca è un altro percorso controcorrente: ha 28 anni, probabile che ci saranno altre tappe. Ma con una mente fresca come la sua si può provare a ragionare su Calabria e lavoro.

Primo passo, la partenza.

“Potevo fare economia a Catanzaro, ho scelto la grande città, seguendo i fratelli e gli amici. Milano è frizzante: cinema, concerti, anche un centro sociale vicino a casa. In quegli anni Soveria è stato il posto di Natale, Pasqua ed estate”.

Secondo passo, il ritorno.

“La scintilla è stata il caro vecchio Covid. Dividevo l’appartamento per studenti con un collega indiano, che prese l’ultimo volo disponibile. Io sono rimasto chiuso due mesi su un mezzo balcone, facevo le videochiamate con mio padre che lavorava in giardino. Così a maggio sono tornato, ho dato gli ultimi due esami a distanza, mi sono laureato, per fortuna in presenza, ad ottobre”.

Poi è arrivato il tempo delle decisioni.

“Mi sono preso una specie di periodo sabbatico a Soveria, proprio il mondo sottosopra. Per poi arrivare a una conclusione: se voglio rimanere devo cercarmi un lavoro”.

E qual è stata la prima esperienza?

“Un impiego alla calabrese, senza contratto, senza garanzie, niente di definitivo. Capirà che è bizzarro stare in un ufficio amministrativo a queste condizioni. Così sono scappato per approdare alla cooperativa Progetto Sud per una sostituzione maternità. Dove si parla e si pratica l’economia sociale e sostenibile. Poi mi hanno confermato”.

Un’altra aria.

“Ho cominciato a occuparmi di progettazione, ricerca e sviluppo, a seguire i bandi, ad aiutare la gente a trovare lavoro. Siamo nella sede di via del Progresso a Lamezia, accanto al Centro psico-educativo sull’autismo. Il mio ufficio si chiama ‘Scuola del sociale’”.

Un bellissimo nome per un ufficio amministrativo.

“Mi piace. Non arrivo a pensare che sarà il mio posto per tutta la vita, perché il discorso è sempre il solito: dobbiamo avere il diritto di partire e quello di tornare. La mia idea di lavoro non si ferma al solo stipendio, altrimenti con la mia laurea avrei fatto altro. Bisogna avere anche uno scopo”.

Lei lavora da oltre due anni nella comunità fondata da don Giacomo Panizza, quale progetto lo ha appassionato?

“I tirocini di inclusione sociale per i minori stranieri non accompagnati. Aiutare questi ragazzi sperduti ad avere una possibilità in aziende agricole, panifici. Sono andato a trovare uno la settimana scorsa, era contento. Sono persone strappate alla strada”.

La burocrazia è nemica?

“C’è sempre da aspettare. Mi sono appena occupato della rendicontazione di un progetto Pnrr sulla povertà educativa che coinvolge 110 bambini, con tutti i giustificativi di spesa. Aspettiamo da mesi i soldi per pagare gli operatori. Alla fine, come capita spesso, sarà la cooperativa ad anticipare. Devo anche dire che questa endemica lentezza non è solo un fenomeno regionale”.

Dove sono finiti gli amici che aveva seguito a Milano?

“Uno a Bruxelles, uno a Torino. Il terzo all’Unical, e questo mi permette di stare ancora dentro un ambiente che mi piace tanto”.

Lei lavora anche alla seconda edizione del Festival del Lamento, in programma dall’1 al 4 agosto.

“Controllo i conti naturalmente, l’idea è di mio fratello Gaetano. Sfruttare il paradosso, cancellare il pessimismo atavico con la cultura e le arti, anche quelle culinarie. Ormai a Soveria siamo quelli del guaaai, un intercalare, un’esclamazione di sorpresa, che poi è il claim del Festival”.

E che si fa di bello?

“Racconto solo la prima sera che è dedicata alla mia cittadina, il programma sta sul web. C’è la lettura delle poesie di Costabile, un laboratorio con le maestre della pasta fatta in casa, i nostri ‘taglierini’, con le farine di grano antico. E poi un concerto per chitarra battente e lira calabrese. Il passaparola è continuo, ci sono ragazzi che ci hanno chiesto di venire qui e fare lo smart-working, ma abbiamo bisogno di strutture di ospitalità”.

Soveria non è un paese spento, risparmiamo ai lettori il consueto elenco di aziende di prima classe, di eventi.

“Ma in inverno chiude presto, non si vede nemmeno un gatto: non vorrei lamentarmi, altrimenti mi cacciano dal Festival… Diciamo che gli spazi ci sono, e anche le associazioni: ma è difficile averli in gestione”.

Ogni tanto si chiede: sono nel posto giusto?

“Sicuramente nel posto del cuore, anche se i cinema sono a Lamezia e la Calabria delle strade e dei treni è interrotta. Alla fine, uno dei motivi che mi tiene qui è proprio Progetto Sud”.

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