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CATANZARO – Abitazioni vuote, disabitate, inutilizzate. Sono  quelle che si trovano, nella maggior parte dei casi, nelle zone  periferiche del Paese, zone segnate dalla crisi economica, dall’eccessiva lontananza  dalle aree con servizi capillari e dal calo demografico. In Calabria la  percentuale di case non occupate permanentemente dalla  popolazione residente, sulla base dei dati Istat, è pari al 44,54 per cento: la regione è terza per quota più alta di immobili abbandonati e in graduatoria si colloca dopo la Valle d’Aosta (56,73 per cento) e il Molise (46,66 per cento).

Un fatto allarmante. Che è tale non solo per la vita delle comunità le  quali, man mano, si spopolano, ma anche e soprattutto se si  considerano il fenomeno dell’emergenza abitativa e, dunque, le storie di chi non ha un tetto sulla testa e – lo hanno raccontato a questo  giornale gli operatori della Croce Rossa Calabria nei giorni scorsi – si  trova costretto a vivere in strada. La contraddizione è, insomma, evidente. E i numeri, si diceva, sono  preoccupanti. Guardando, nel dettaglio, a quelli dei singoli comuni  calabresi, si può dire che il territorio con la maggiore percentuale di  abitazioni non occupate nel 2019 sia quello di San Nicola Arcella, nel  Cosentino. Qui è presente l’81,69 per cento di case vuote: su 4.932  case totali, 4.029 sono quelle inabitate, mentre 903 quelle abitate.

CHI FA PEGGIO IN CALABRIA

Percentuali elevate anche per  Sant’Andrea Apostolo dello Ionio, in provincia di Catanzaro (78,11  per cento): 3.865 sono le abitazioni totali, ma di queste ben 3.019  sono disabitate. In terza posizione – dopo, per l’appunto, San Nicola  Arcella e il borgo del Catanzarese – si ha, per maggiore quota di case  vuote, Carpanzano, sempre nel Cosentino. Su questo territorio sono    526 le abitazioni totali: 409 non sono occupate, 117 sì. Tradotto in  numeri percentuali: il 77,76 per cento di case risulta inabitato.

I DATI PROVINCIALI

Per la provincia di Cosenza, quindi, la  maglia nera, come detto poc’anzi, va a San Nicola Arcella che,  detiene anche il record negativo a livello calabrese. Vediamo, invece,  chi fa peggio nelle altre province della Punta dello Stivale. Se per Catanzaro è, sempre come già rilevato, Sant’Andrea Apostolo, per  Reggio Calabria è Staiti. Qui il 77,64 per cento di abitazioni è  inoccupato e, più in particolare, su 550 abitazioni totali, 427 sono  vuote e, quindi, per sottrazione, 123 risultano occupate. In provincia  di Vibo, il primato negativo ce l’ha, invece, Polia, con il 73,06 per  cento di case abbandonate: nella specie, 1.559 sono le case totali, di  cui 1.139 vuote e 420 occupate. Infine, a Crotone è Savelli il borgo  col primato negativo: l’area conta il 71,20 per cento di abitazioni  lasciate a se stesse. Come a dire che qui su 1.955 case totali, ce ne sono 1.392 non occupate e 563, al contrario, occupate.

LE PERCENTUALI PIÙ BASSE

Volendo osservare il fenomeno  dalla prospettiva inversa, si può invece dire che sia Africo, in  provincia di Reggio Calabria, il borgo con la percentuale più bassa di  case inoccupate: è d’altronde pari al 2,06 per cento (su un totale di  1.067 case, 22 sono inoccupate e 1.045 abitate); seguono  Castrolibero, in provincia di Cosenza, col 9,55 per cento di case  vuote (su 4.251 abitazioni totali, 406 sono vuote e 3.845 abitate) e  Castiglione Cosentino, sempre in provincia di Cosenza. In  quest’ultimo caso, la percentuale è dell’11,48 per cento: su un totale  di 1.307 case, 150 non sono occupate e 1.157 sì. Questo, dunque, il  quadro generale, per tutta la Calabria. Analizziamo il fenomeno,  provincia per provincia. Se sono i borghi di Africo e Castrolibero a  fare meglio, rispettivamente per Reggio e Cosenza, cosa accade altrove? In provincia di Catanzaro, record positivo per lo stesso  capoluogo (26,27 per cento) dove su un totale di 48.169 abitazioni,  12.653 sono inoccupate e 35.516 sono al contrario abitate. Per il  Crotonese, dati positivi per Rocca di Neto con una percentuale di  case vuote pari al 20,98: 2.550 sono le case totali, di cui 535 non occupate e 2.015 sì. In ultimo, per Vibo “trionfa” Ionadi: 2.105 case in totale e 577 vuote (27,41 per cento di abitazioni inoccupate).

COMPRAVENDITA SIMBOLICA, LA MAPPA DEI COMUNI CHE HANNO ADERITO

E vediamo ora quali sono i Comuni che in Calabria danno la possibilità di acquistare le case inabitate, presenti  sul territorio, al prezzo simbolico di un euro. Una vera e propria  mappa esplorativa, dunque, (ma in continuo divenire) per avere maggiore contezza di un  progetto che sembra ancora dover bene attecchire a queste latitudini.

Sono poche, di fatti, le amministrazioni che hanno detto “sì”. Tra  queste quelle di Albidona, Rose, Maida, Bisignano, Belcastro e  Cinquefrondi.

Sei Comuni, insomma, sugli oltre quattrocento calabresi. Più in particolare, sempre secondo i dati Istat aggiornati al 2019, questa la situazione ad Albidona, in provincia di Cosenza: 1.363 le abitazioni totali, di cui 789 non occupate e 565 occupate (la percentuale di case inabitate è pari al 58,55 per cento).

A Rose, sempre nel Cosentino, la percentuale di case inabitate è pari invece al  27,08 per cento: 2.463 le abitazioni totali, di cui 667 non occupate e 1.796 occupate. Poi: Maida, nel Catanzarese, dove invece la percentuale in questione è pari al 37,13 per cento: 2.933 abitazioni totali, di cui 1.089 non occupate e 1.844 occupate.

A Bisignano, in provincia di Cosenza, si contano, al contrario, 5.552 case totali, di cui 1.450 risultano non occupate e, viceversa, 4.102 occupate (la percentuale di abitazioni inoccupate è del 26, 12 per cento). Vediamo, inoltre, il caso di Belcastro, in provincia di Catanzaro.

In quest’ultimo caso la percentuale è del 60,40 per cento: abitazioni totali pari a 1.351, di cui 816 inoccupate e 535 occupate. A Cinquefrondi, invece, si hanno 3.918 abitazioni totali, di cui 1.504 sono inoccupate e 2.414 risultano abitate (la percentuale di immobili abbandonati è pari al 38,39 per cento).

ABITAZIONI A 1 EURO, COSA C’È DA SAPERE

Dal nord al sud Italia le amministrazioni cercano  di frenare il fenomeno dello spopolamento dei propri territori,  soprattutto quelli periferici e ultraperiferici, attraverso la vendita a un  euro delle case inabitate. Un’azione, quest’ultima, intrapresa  nell’ottica di riqualificare i borghi, ma pure per andare incontro ai più  fragili, a chi, per esempio, non può permettersi di pagare l’affitto o  ha bisogno di un tetto sotto il quale vivere. E i vantaggi di tutto ciò,  tra le altre cose, si profilano pure in capo a chi, titolare della casa,  decide, seppur simbolicamente, di venderla, “disfacendosi” così di  tutte quelle tasse che gravitano sugli immobili, anche quelli per  l’appunto non più abitati.

COME FUNZIONA L’ACQUISTO A UN EURO

I proprietari  degli immobili danno, dunque, la disponibilità al Comune a venderli  al prezzo simbolico di un euro. L’amministrazione comunale  promuove il progetto e fa da garante della regolarità della  compravendita, che avviene sempre tra privati cittadini. Naturalmente ci sono degli impegni che chi acquista deve garantire.

Tra questi, per esempio, sostenere le spese notarili per la  registrazione, le volture e l’accatastamento. Molto spesso, inoltre,  tutto avviene tramite avviso pubblico dell’amministrazione; avviso a cui  devono aderire sia gli acquirenti sia i compratori.

CASE FATISCENTI

C’è anche da dire, in ultimo, che nella  maggior parte dei casi le abitazioni messe in vendita a un euro non  versano in buone condizioni. Abbandonate da anni dai proprietari  nei centri storici, hanno spesso bisogno di interventi di rifacimento e  ristrutturazione. Ecco perché fondamentale, in certi casi, è stato  l’accesso al Superbonus 110% messo in campo dal Governo, nonché  tutte quelle agevolazioni fiscali, energetiche o edilizie che possono  essere utilizzate per l’acquisto delle case a un euro.

Ad acquistarle possono anche essere i  cittadini stranieri purché sussista  un accordo tra il governo italiano e quello d’origine degli acquirenti.

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