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CATANZARO – «I presidenti delle associazioni di categoria dell’assistenza territoriale ed extraospedaliera della Calabria ritengono necessaria la misura dell’utilizzo temporaneo di 497 medici cubani adottata dal presidente della Regione, Roberto Occhiuto, per sopperire alla carenza di medici in Calabria. Propongono, inoltre, che misure come queste vadano estese anche al personale infermieristico e ad altre professioni sanitarie data la carenza di risorse umane anche per quanto riguarda altri profili».

Lo affermano, in un comunicato, i presidenti di Uneba Calabria, Fernando Scorza e Gaetano Baffa, della Sezione Sanità di Unindistria Calabria, Alfredo Citrigno, di Andiar Calabria, Michele Di Tommaso, il referente delle strutture territoriali Aiop, Francesco Caroselli, e il referente di Agidae Calabria Massimo Poggi che commentano così l’Accordo di cooperazione firmato dal governatore Occhiuto con la Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos (Csmc), la società dei medici cubani per la fornitura di servizi medici e sanitari.

Le associazioni che rappresentano le strutture private dell’assistenza extraospedaliera intervengono nel dibattito innescato dalla decisione del presidente della Regione schierandosi a suo sostegno e replicando anche ai presidenti degli Ordini dei medici della Calabria che hanno espresso forti perplessità.

«Ricordiamo – affermano sempre le associazioni – che il problema è datato, non riguarda soltanto la Calabria ed era emerso in particolare durante la prima fase della pandemia quando da più parti si lamentava la carenza di medici e infermieri in tutta Italia. L’Ordine dei medici dovrebbe schierarsi, invece, contro il numero chiuso e sollecitare l’ampliamento delle Scuole di specializzazione». Sempre secondo le associazioni, «da settembre molti reparti potrebbero chiudere per tenere aperti i Pronto soccorso; l’assistenza non può essere a rischio. Occorre, invece, migliorare la programmazione a livello nazionale e sbloccare il numero chiuso. Intanto, l’intervento di Occhiuto è necessario perché ci troviamo in una situazione d’emergenza».

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