Nicola Fiorita
3 minuti per la letturaA CATANZARO c’è un campo a sinistra. Magari non larghissimo. In cui ha vinto Nicola Fiorita al secondo turno per sottrazione del consenso del suo competitor Donato, ma anche per il pressapochismo dei suoi avversari che pensando di sommare pere di sinistra e mele di destra si sono trovati con un pugno di mosche in mano e un’anatra zoppa da ammaestrare.
Il professore Valerio Donato, fuoriuscito del Pd, unendosi a parte della destra mascherata ha dissipato il vantaggio del primo turno perdendo circa 8000 voti. Fornisce una spiegazione sul punto l’autorevole istituto Cattaneo che sulle elezioni di Catanzaro analizza che il candidato Donato “era privo di una chiara identità politica”. Il resto lo hanno fatto ex alleati della destra ben lieti di sostenere Fiorita antagonista del loro principale avversario. È la politica politicante. Ma sta sullo sfondo.
A Catanzaro ha vinto l’entusiasmo partecipativo di molte donne e uomini che con spirito da Sardine, con movimentismo altro, hanno sconfitto un centralismo d’interessi economici che in città ha sempre avuto la meglio per un ventennio. È un risultato figlio anche di sconfitte lontane.
Nel 2012 il giovane Salvatore Scalzo per meno di 100 voti non riuscì ad arrivare al ballottaggio contro Sergio Abramo. Quel percorso fu molto ostacolato dalla sinistra ufficiale. Dieci anni dopo molti giovanissimi della politica che sostennero Scalzo esultano per la rimonta di Nicola Fiorita.
È aumentata quella stessa comunità che guidata da Fiorita cinque anni fa era stata di nuovo sconfitta, sempre da Sergio Abramo, arrivando terza per il poco coraggio della sinistra ufficiale, e che dopo una difficile opposizione di lungo corso ora si confronta con la difficile arte del governare.
Si è vinto grazie ad una lenta ma costante opera di mediazione che attorno a Fiorita ha visto unirsi Cinque Stelle, socialisti, Pd con schiena dritta e molta cittadinanza attiva che si è fidata molto di un candidato aduso a militanze atipiche come quella di Slow Food e Libera.
C’è molto entusiasmo in questa vittoria di ex giovani fuorisede che hanno vissuto lontano da Catanzaro le loro vite e che da anni chiedevano e sognavano per loro città una prassi politica simile a quella di Bologna, Milano, Bruxelles. Si sono mescolate le istanze di chi a Catanzaro ci vive, di chi ci torna saltuariamente, di chi sente da lontano un’appartenenza. Un sentimento che non è degli affari economici ma del buon vivere in comune.
Potrà sembrare anche avulso ai più, ma nel pacchetto di mischia di chi ha vinto ha contato anche che il nuovo sindaco sia uno scrittore. Uno scrittore atipico, membro del collettivo Lou Palanca che nel nome richiama un giocatore molto identitario della città capoluogo; e nella sua prima dichiarazione il primo cittadino non si è lasciato sfuggire che lui ha vinto il 27 giugno, stesso giorno storico del 1971 il cui il suo amato Catanzaro raggiunse la prima volta la serie A.
Il collettivo Lou Palanca ha scritto sei romanzi che qualcuno dovrà provare a rileggere per capire alcuni tratti sentimentali, ideologici, contestuali di una vittoria che si pensava impossibile.
Infine un auspicio. Nell’ultima consiliatura Nicola Fiorita è stato costretto a dimettersi per aver ricevuto un avviso di garanzia per la vicenda legata ai gettoni della commissione consiliari, da cui poi è risultato completamente estraneo. Anche il papà del nuovo sindaco, Franco, nel terribile 1993, ultimo primo cittadino Dc di Catanzaro, venne coinvolto in una vicenda giudiziaria di collusioni mafiose che lo costrinsero alle dimissioni. Le accuse franarono in un nulla nei processi.
Memore di queste esperienze, auspico che il giurista Nicola Fiorita sappia essere un sindaco garantista. Perché la Calabria ha bisogno di cultura giuridica che non veda nessun potere prevalere sugli altri. Soprattutto nei municipi.
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