Costantino Fittante
4 minuti per la letturaCon Costantino Fittante scompare un importante protagonista della vita politica calabrese degli ultimi decenni del secolo scorso.
Aderì giovanissimo al PCI sulla scia del fratello Vittorio che era già una delle figure più influenti del comunismo di Nicastro, insieme al senatore Scarpino, Gianni Riga ed altri. Nicastro ha avuto un ruolo importante nella lotta politica e sociale nel secondo dopoguerra in Calabria, teatro spesso di scontri cruenti fra le diverse generazioni che hanno animato la sinistra e gruppi reazionari, che spesso hanno fatto ricorso alla violenza.
Giovani intellettuali, in quei decenni si incontrarono con i contadini, divenuti protagonisti di storiche lotte, e insieme a loro dettero vita ad un forte partito comunista.
Fittante si formò in quell’ambiente. Divenne ben presto un apprezzato dirigente della Federazione di Catanzaro in anni difficili per il partito comunista, in seria crisi in quella provincia, e dette un contributo importante al suo rinnovamento. Fu eletto sindaco di S. Eufemia Lamezia e da quell’esperienza, assai formativa per lui, gli rimase impressa una delle sue caratteristiche essenziali: la concretezza dell’amministratore, il rispetto delle procedure, il sapere leggere un atto amministrativo per svelarne i risvolti sociali, il fastidio per l’improvvisazione.
Anche nell’eloquio si notava il riflesso della della sua sistematicità. Non era uomo dell’improvvisazione, della battuta demagogica, della ricerca di un facile consenso. Combatteva il municipalismo, cancro antico e non estirpato, ricercando le ragioni vere del disagio popolare strumentalizzato da cinici demagoghi.
Ho cominciato a conoscere più direttamente Fittante (allora si usava il cognome nelle relazioni politiche fra le persone) nell’autunno del 1970, durante i fatti di Reggio C., le mattine in cui ci trovavamo, il gruppo dei dirigenti regionali del PCI, nel soggiornino di casa sua a S. Eufemia, per fare il punto della situazione, prendere le decisioni sul da fare, parlare con qualche dirigente della provincia reggina, e da lì partire, a volte, per raggiungere Reggio attraverso percorsi tortuosi.
Negli anni settanta Fittante fu un dirigente prezioso nell’opera radicale di creazione di nuove basi sociali e politiche del partito comunista. Il suo contributo di elaborazione, di competenza, di informazioni fu di aiuto in quell’opera. Ebbe la maturità di capire la necessità di aprire alle nuove generazioni, al loro modo di essere, ai nuovi costumi, divenendo parte di quella comunità di giovani donne e di ragazzi che dettero un senso nuovo alla militanza, uscendo da canoni troppo ristretti, e permesso al partito di essere all’altezza dei tempi. In quegli anni, nel volto gli si leggeva la curiosità di entrare a far parte di orizzonti diversi che man mano lo cambiavano.
Fittante da consigliere regionale divenne insostituibile sia nello svolgimento del ruolo di oppositore, sia nella breve fase delle cosiddette larghe intese con l’astensione del PCI. Era molto difficile per gli esponenti degli altri partiti, sia in una situazione che nell’altra, confrontarsi con lui: li portava sempre all’essenza della questione in discussione, non tollerava aggiramenti, accordi generici, pasticci. Mitica era diventata la sua borsa da dove traeva puntualmente le carte spesso nascoste dai suoi interlocutori.
Quante volte ho dovuto ascoltare le lamentele degli esponenti degli altri partiti per una presunta rigidità di Fittante, che in realtà non era altro che la serietà di un politico e di un amministratore. Da oppositore, su alcune questioni relative all’andazzo esistente nell’apparato burocratico della regione, diventò un’ossessione per gli assessori e alcuni dirigenti e un punto di riferimento per chi aveva competenze e correttezza.
Da deputato, nel breve periodo della sua esperienza, ha portato nell’attività parlamentare il bagaglio delle sue competenze e delle sue esperienze legislative e amministrative, ricevendo riconoscimenti e stima. Componente della commissione antimafia, con presidente Abdon Alinovi, contribuì all’aggiornamento della conoscenza del fenomeno mafioso, che proprio in quegli anni ottanta si trasformava per divenire la grande impresa criminale che è oggi. La relazione della commissione nel 1987 ne è testimonianza. Avrei voglia di parlare di Costantino amico, di una amicizia che è rimasta intatta nel tempo, al di là di posizioni politiche diverse, di una stima nata nel tempo della sofferenza, di una lealtà mai venuta meno, di un’abitudine durata nel tempo, e rivelatrice di un qualche rimpianto, per cui quando mi telefonava, fino a due settimane fa, cominciava dicendo: caro segretario.
Spero che di Fittante si parli nella sua Nicastro e nel resto della regione, che non si ripeta l’errore compiuto per altri protagonisti della nostra vicenda politica, civile, culturale.
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