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Filippo Mancuso al suo inizio nel Consiglio comunale di Catanzaro

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LUI è di Marina, come me. Lui era timido e introverso, al contrario di me. Nonostante i nove anni di differenza, egli appartiene al mio tempo, quello della nostra Marina di quel tempo. Un tempo buono, dove ciascun ragazzo avrebbe potuto coltivare i propri sogni e le proprie ambizioni. I suoi erano quelli del figlio maschio, il più piccolo, di una famiglia con due figlie più grandi di lui. Tutt’e tre, loro, bellissimi.

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Era amatissimo, da genitori che, scesi dalla lontana Carlopoli, con tutta la loro ampia famiglia, costruirono a Marina lavoro produttivo dalla fatica enorme che l’ha accompagnato. La sua fanciullezza e giovinezza sono state pertanto felici, leggere, piene. Ah, era pure molto bello! Però, non ricordo se attaccava molto con le ragazzine, ché a quel tempo erano ancora supervigilate e anche molto intimidite dalla cultura del tempo. E dall’ambiente di quel tempo.

Marina, era ancora, in fondo, strutturata e pensata come un piccolo paese. Quello classico della Calabria, anche se il suo Mare d’estate l’apriva al mondo intero. Avevamo, come tanti ragazzi, la stessa passione e la stessa impazzita voglia di giocare al pallone. La mia l’ho dovuta abbandonata per l’altra più accesa, la politica. Furono queste due articolazioni giovanili che me lo fecero perdere di vista. Il mio impegno giovanile mi portava, attraverso la Democrazia Cristiana, quotidianamente in giro per la Calabria, la sua a resistere nei luoghi del suo sereno vissuto, la scuola e il campetto di calcio e i vicoli degli incontri con i coetanei sotto casa. Di questa nostra lontananza, complice fu anche la distanza delle nostre abitazioni.

Se non ricordo male, la sua fu quella molto al di là del ponte di ferro che separava il rione Fortuna, nella sua parte nuova che si estendeva fin dove da lì a poco sarebbero sorti Corvo e Aranceto. Io ho sempre abitato a Marina, quella, diciamo “storica”, che tutta ruota attorno alla chiesa matrice, la Maria Porto Salvo.

Ebbi notizie di lui molto presto. La sua eco mi raggiungeva nel mio lungo girovagare per paesi e piazze e sezioni di partito e feste dell’Amicizia e congressi di ogni genere, da quelli sezionali a salire. Un ragazzo di Marina era un fuoriclasse nel gioco del pallone. Una mezzala di gran classe e valore. Un fenomeno naturale, tutta tecnica ed eleganza, intelligenza e fantasia.

Lo davano somigliante a Roberto Baggio, di cui avrebbe preso anche una certa “pigrizia” e la troppa prudenza nei contrasti. Andai a vederlo giocare in uno di quei ritagli di tempo che ti arrivano come una medicina contro lo scoppio delle coronarie. Era vero. Molto più, addirittura, di quel che si diceva. Quel ragazzo era davvero un fenomeno, mi richiamava alla mente un suo quasi coetaneo, calcisticamente però sfortunato, Roberto Lomoio (c’era anche un Toni, pure molto bravo) e Franco Chiarella. Per non dire di Teobaldo Bigliardi, la cui caparbietà e forza di volontà lo portarono fuori di qui, dove è quasi garantito affermarsi. E per andare ad anni lontani il mio mito giovanile Totó Nisticó.

Ma questo ragazzo, mi colpì moltissimo, perché aveva un po’ tutto di tutti questi campioni, fortunati e non. Divenni suo tifoso accanito fino a quando non seppi che aveva lasciato il pallone. Troppo impegnativo, dicevano. Troppo dispersivo di fatiche rispetto alle ambizioni. Non so se quelle classiche delle famiglie tradizionali o le sue stesse. Quelle di laurearsi, trovarsi un lavoro, farsi una propria famiglia con una bella moglie e dei bei figli.

Calcio lasciato, obiettivi raggiunti. Tutti e bene. Bellissima moglie e bei figli, mi pare due. Il suo lavoro e i miei impegni, successivamente il mio matrimonio che mi portò a vivere prima a Taverna e poi a Catanzaro centro, me lo fecero perdere di vista. Mi ritornò all’improvviso quando si presentò, con successo, alle elezioni comunali. Lo seguii poco politicamente e non so quanto lui avesse seguito me. Non se neppure se mi abbia mai votato, non gliel’ho mai chiesto. Ho pensato che per lui la politica fosse solo una naturale proiezione della simpatia spontanea che richiamava su di sé. Non altro. Invece, non fu così. Probabilmente, ce l’aveva in corpo da sempre. O, forse, è nella natura dei campioni interrotti cercare la più grande delle passioni per tenera a bada quella sportiva.

Ma tant’è, da quel consigliere comunale e poi provinciale e oggi regionale, oggi, lunedì 15 novembre, da Reggio Calabria, verrà fuori il nuovo presidente del Consiglio Regionale. Quale che sia stato il mezzo di passaggio per raggiungere lo scranno più alto di palazzo San Giorgio, il più importante a me inviso, Filippo Mancuso, il sempiterno ragazzo, spero possa (ci spero e ci credo) far bene alla Calabria, alla Politica. E di più a Catanzaro, città-Calabria e per la Calabria. Di più potrà fare per il mare di Catanzaro, senza salvezza e valorizzazione del quale la nostra e sua Città non diventerà mai più grande e ricca.

Da oggi non ci saranno più alibi per nessuno. Specialmente, per quanti, quindici anni fa, hanno evitato che il capoluogo avesse un sindaco di Marina. Ti abbraccio Filippo, tanti auguri Presidente.

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Simone Saverio Puccio

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