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LAMEZIA TERME – Avvocatura dello Stato e Procura generale insistono sulla richiesta di incandidabilità (legata allo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose decretato due anni fa) per Paolo Mascaro, ex sindaco e attualmente al ballottaggio di domenica 24 novembre con lo sfidante Ruggero Pegna per la carica di sindaco.
L’Avvocatura (per conto del ministero dell’Interno) e il sostituto procuratore generale Raffaella Sforza, hanno, infatti, presentato ricorso per Cassazione rispetto alla sentenza 50/2019 della Corte d’Appello di Catanzaro (presidente Filardo) emessa il 6 novembre scorso che ha rigettato la richiesta di incandidabilità per Mascaro, accogliendo invece quella per gli ex consiglieri comunali Pasqualino Ruberto e Giuseppe Paladino. Secondo i ricorrenti, Mascaro, in qualità di sindaco “rivestiva una posizione di vertice, con la conseguenza che il mancato esercizio delle funzioni di indirizzo politico – amministrativo, di vigilanza e di controllo a lui spettanti nei confronti nell’apparato burocratico integra la colpa”.
Già nei giorni scorsi la Procura generale ha presentato ricorso per Cassazione relativamente alla sentenza numero 51/2019 con cui era stato dichiarato improcedibile il reclamo presentato dalla Procura di Lamezia Terme. Il 6 novembre scorso, come si ricorderà, i giudici della Corte d’Appello di Catanzaro avevano respinto la richiesta di incandidabilità per Paolo Mascaro (confermando la sua candidabilità), confermando anche l’incandidabilità per gli ex consiglieri comunali Giuseppe Paladino e Pasqualino Ruberto. In sostanza in appello è stata confermata la sentenza di primo grado emessa ad agosto 2018 che rigettò la richiesta di incandidabilitò per Mascaro confermando invece quella per gli ex consiglieri comunali.
Ma la sentenza di secondo grado ha lasciato comunque delle ombre. Per i giudici della Corte d’Appello «la situazione di condizionamento risulta provata, secondo la condivisibile valutazione operata dal primo giudice e la soluzione adottata dal Consiglio di Stato, tanto sotto l’aspetto dell’alterazione della formazione del consenso elettorale che dall’imparzialità e della regolarità dell’azione amministrativa».
E su Mascaro in appello i giudici hanno scritto che «è pur ipotizzabile che il sindaco di una cittadina di medie dimensioni non possa essere messo al corrente di alcune irregolarità nel sistema di aggiudicazione degli appalti e di conferimento dei servizi della cosa pubblica ma, in mancanza di adeguata prova di tale conoscenza o di altri elementi sintomatici di una corresponsabilità nelle attività amministrative gestionali, le possibili ipotesi non assumono significato rilevante».
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