Sergio Abramo
2 minuti per la letturaCATANZARO – La solitudine del primo cittadino che si manifesta al termine di un mandato amministrativo durato quasi vent’anni. Ci sono giovanissimi che non hanno conosciuto nessun altro che Sergio Abramo al vertice di Palazzo de Nobili, eletto per la prima volta nel 1997, conosciuto e amato anche per la grande auto-ironia. La fuga generale anzitempo dei tanti fedelissimi abituati ad esaltarne le qualità, ingrossando le file dietro la porta del Gabinetto, così plateale proprio non se l’aspettava. Quindi, da tempo, ha deciso di dare voce all’amarezza. Come nel corso della convention della candidata sindaca per FdI, Wanda Ferro, che Abramo sostiene quale rappresentante dell’unico autentico centrodestra presente in questa tornata elettorale. C’eravamo tanto amati, insomma.
«I 3/4 dei consiglieri comunali non prendono la parola perché non sanno parlare l’italiano», spara a zero contro tutti i suoi (ormai ex) compagni di viaggio che ora sono da altre parti, soprattutto con Valerio Donato, e che lo stanno trattando come «un delinquente, e invece io sono una persona onesta».
«In questi anni la città ha dimostrato di volere il centrodestra. Ha votato Traversa, ha votato me per 4 volte, quindi o chiamiamo stupidi i catanzaresi o vuol dire che abbiamo dato loro qualcosa ani più rispetto alla sinistra».
«Oggi c’è una crisi che fa paura. La gente se la prende con il sindaco, ma c’è una Giunta e un consiglio con i consiglieri, eletti dalla cittadinanza, che dovrebbero avere la capacità di dare un contributo all’amministrazione – ha detto ancora -. In invece abbiamo consiglieri che in questo momento fanno patti di coalizione perché stanno nelle strutture dei consiglieri regionali, perché vogliono il secondo stipendio, e nessuno ha il coraggio di dirlo. Ho dovuto faticare in un Consiglio dove 3/4 dei consiglieri non prendono la parola perché non sanno parlare l’italiano, però poi il sindaco è quello che nonostante tutto lavora 12 ore al giorno, magari si prende l’avviso di garanzia».
Abramo ha voluto ringraziare il coordinatore regionale di Coraggio Italia, D’Ettore: «È l’unico che mi ha difeso: non essere voluto nella coalizione di Donato è un offesa quasi personale: io non sono candidato, io non sono un delinquente, ho amministrato per 18 anni ma sono stato una persona onesta che non ha chiesto mai niente e ha solo lavorato facendo l’amministratore. Chi mi ha voluto bene avrebbe dovuto protestare, e difendermi».
Con la sua autenticità, e forse un po’ di ritardo, Abramo pone una questione molto sentita dai catanzaresi: avere una classe dirigente che non è all’altezza. Ma che poi ri-vota, dimenticando e scendendo a patti con la grammatica.
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