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Filippo Mancuso in Consiglio regionale

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CATANZARO – Una polpetta avvelenata. Tale è sembrata agli occhi di Filippo Mancuso, presidente del Consiglio regionale, l’offerta del centrodestra catanzarese, per candidarsi a sindaco del capoluogo. Alle corte: il leghista respinge al mittente, anche se lusingato, l’invito perché, fra l’altro, sembrerebbe giungere per una sorta di stato di necessità.

Non pare proprio il massimo, laddove il ricevente ricorda che «l’indicazione del mio nome, pur ringraziando per l’apprezzamento politico alla mia persona, avviene tuttavia a seguito di un’altra riunione inconcludente. Ho avuto modo di indicare alle riunioni del centrodestra personalità in possesso dei requisiti di competenza e alta professionalità, ma sono state oggetto di veti e disapprovazioni».

Insomma, Mancuso ha svelato le carte e rovesciato il tavolo senza far passare neppure 24 ore. Verrebbe da aggiungere, “mettetevi l’anima in pace”. Da un lato, ha chiarito subito la sua posizione di rifiuto, e, dall’altro lato, ha introdotto un’ulteriore difficoltà al tavolo medesimo che ora dovrà percorrere altre strade.

In realtà, in astratto, il peso politico che può avere il presidente dell’assemblea regionale equivale a essere sindaco di un capoluogo di regione. Con una differenza, il presidente del Consiglio regionale già lo è, sindaco lo deve ancora diventare. E, con i tempi che corrono, non è banale ricordare questo status.

Partendo da posizioni diverse, i due schieramenti, centrodestra e centrosinistra, si trovano nelle medesime condizioni di non trovare sintesi. A meno che non vogliano indebolirsi strada facendo. Se questo stallo perdura, si profila una campagna elettorale frastagliata, tutti contro tutti, non solo con tanti candidati ma anche all’interno dei singoli schieramenti.

Non è un caso che al centro c’è un grande fermento per il proliferare di nuove sigle che, in realtà, sono il lascito del vecchio centrismo disperso e che ora cerca di ricomporsi. E, ciò, avviene trasversalmente. Nel centrosinistra per la presenza, non molto numerosa, dei renziani, dei calendiani, dei radicali, di alcuni ambientalisti. Nel centrodestra c’è un superaffollamento di sigle, con Toti, Lupi, Brugnaro, uddicini, Quagliariello; quest’ultimo, nel weekend a Catanzaro, ha chiesto a Occhiuto qualcosina in più.

Fra l’altro Mancuso fa notare che è l’unico consigliere regionale della città. Sicché è arduo pensare di svuotare il mare con un bicchiere.

In questo tourbillon si colloca la campagna elettorale a Catanzaro che, per sua natura, cioè per l’essenza civica della competizione, si presta a commistioni, trasversalismi, alleanze le più strane possibili, residenze territoriali, approcci professionali, appartenenze a club di servizio. Insomma, tante variabili che, alla fine della giostra, peseranno sulle scelte iniziali e sul risultato finale. Ovvero, l’identità e la credibilità. E su questo terreno i giochi sono apertissimi al di là del trascorso e del vissuto.

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