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La Calabria sorprende e ci sorprende. Forse per prendersi una rivincita contro la condanna che il bla bla sulle continue emergenze sembra avergli inflitto. Non che le emergenze non ci siano: ci sono tutte

di ROCCO VALENTI

QUELLO di oggi è l’ultimo numero per questo 2016 del nostro Inserto Estate, che ci ha tenuto compagnia per oltre due mesi. «L’estate calabrese dell’Inserto – come ricordano nel saluto a pagina 44 Tiziana Aceto e Edvige Vitaliano, che lo hanno curato – è stata ricca di incontri; di faccia a faccia con la Calabria, con le sue piazze, le sue coste, i suoi borghi, i suoi profumi, i paesaggi, gli odori e i sapori dell’enogastronomia, le montagne e i tesori che certe volte non t’aspetti. Una regione che, seppure in affanno e minata da croniche carenze, ti sorprende. Sempre».

È proprio così. La Calabria sorprende e ci sorprende. Forse per prendersi una rivincita contro la condanna che il bla bla sulle continue emergenze sembra avergli inflitto. Non che le emergenze non ci siano: ci sono tutte (lavoro, criminalità, scempio del patrimonio naturalistico o spiccata incapacità di preservare e “utilizzare” i suoi enormi tesori), e ci sono da talmente tanto tempo che quasi quasi hanno smesso di essere emergenze e sono diventati problemi “normali”. Grossi ma “normali”.

O forse lo sono sempre stati. Negli ultimi giorni, in più zone della regione è venuto fuori che le acque del mare non sono balneabili per inquinamento organico (leggasi scarichi fognari incontrollati). Cartoline di mare sporco ne abbiamo viste anche quest’anno in quantità tali da far arrossire anche le triglie. Ma, in tutta sincerità, chi se la sente di parlare di “emergenza mare sporco”? E’ da tanti anni che è così. Quale sarebbe l’emergenza? E’ un problema, un grosso problema, ma forse un problema “normale” per il quale una soluzione è possibile, se solo chi gestisce il territorio e chi vi deve sovrintendere, ma anche, in taluni casi, chi il territorio lo abita, vi dedicassero la giusta attenzione. Se poi, l’anno venturo, sarà la stessa cosa, e torneremo a fotografare mare sporco, a registrare l’indignazione dei bagnanti, a sorbirci anche le lamentele di qualche operatore turistico (“Se scrivete queste cose fate scappare i turisti”), ad ascoltare frammenti di pensiero da amministratori (“Ci sono x milioni per i depuratori…”), allora quello del mare sporco sarà sempre più un problema e sempre meno una notizia. E di anno in anno si corre il rischio di dover poi dare la caccia a qualche metro quadrato di acque pulite. Basta con le emergenze a tutti i costi. Se un amministratore non è capace di amministrare è un problema, un grosso problema (tanto più grosso quanto più grande è la sfera da amministrare), ma non è un’emergenza.

La stessa cosa con l’assistenza sanitaria. Ma quale emergenza… è pura incapacità di assicurare i servizi minimi, è un problema grave (che affonda le radici negli anni e che ha un papà, una mamma, un nonno, una nonna, un trisavolo), che, molto più che il mare sporco e la stessa carenza di lavoro, può assumere caratteri di drammaticità. Insomma, la Calabria è una terra con tanti problemi (lo stesso Paese Italia ne ha, no?), enormi se gli stessi mettono a repentaglio l’incolumità stessa dei calabresi (dissesto idrogeologico, tanto per dirne uno). Eppure la Calabria riesce, per fortuna, ancora a sorprendere, con il grande patrimonio di storia ma anche di vitalità che spesse volte viene offuscato dalla ciarliera logica delle emergenze a tutti i costi. E su questo sarebbe bene fare autocritica. Tutti. Perché, tra l’altro, il parolone (emergenza) ti induce a pensare a cose difficilmente risolvibili, mentre il termine problema, nella sua sobria essenza, implica qualcosa da fare per risolverlo. Guai a nascondersi dietro ai paroloni per cercare un alibi a “semplicissime” incapacità. Fiaccata da problemi più o meno grossi, di più o meno difficile soluzione, la Calabria resta però una terra viva, ben oltre quello che i piagnistei di origine genetica o strumentalmente opportunistici potrebbero far pensare.

E si mostra, e si è mostrata nel suo vestito bello (nonostante le macchioline) in questa estate che sta per lasciarci. C’è un modo per dimostrarle la nostra gratitudine: impariamo a misurare le parole, non sfuggiamo – ciascuno per le proprie possibilità – alle responsabilità e mettiamo mano ai problemi. E non sarà necessario nemmeno attendere la prossima estate per vederla ancora più “bella”. Se l’estate è il tempo da dedicare alle cose piacevoli, a quelle che ti fanno stare bene, allora l’estate in Calabria non finisce. E anche noi cercheremo – come abbiamo fatto fino ad oggi – di essere un ideale crocevia tra chi è in grado di offrire cose belle e chi ha voglia di goderne a prescindere da quel che dice il calendario. Abbiamo parlato, nei giorni scorsi, delle condizioni pietose in cui sono lasciati alcuni siti archeologici (la parola turismo dice qualcosa?) che molti paesi nel mondo farebbero carte false pur di averli. La Calabria in questo scempio non c’entra. Noi calabresi sì. Cominciamo dalle piccole cose, anche adesso che ci avviamo ad essere “fuori stagione”. Perché i problemi, alcuni problemi, si vedono di più d’estate ma ci sono, immutati, tutto l’anno. Non riponiamoli nello sgabuzzino di casa accanto alle pinne e all’ombrellone. Noi ci proveremo.

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