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COSENZA – Caltanissetta per il cibo (+4,2%), Cosenza per visite mediche (+5,1%), Messina per assistenza sociale (+4,6%), Palermo per tariffe amministrative (+18,6%): sono alcune delle città nelle quali sono stati registrati i rincari più alti. È quanto emerge da uno studio di Uncem, Unione nazionale consumatori, che ha stilato la classifica completa delle città con i maggiori rincari o ribassi, sulla base dell’inflazione media rilevata dall’Istat.
I ribassi maggiori si sono registrati a Venezia per alberghi (-10,4%), Livorno per assistenza sociale (-5,4%), Genova per acqua e rifiuti (-12%). A fronte di un Paese in deflazione, -0,2%, alcune città registrano aumenti considerevoli su alcuni gruppi di prodotti, con notevoli disparità territoriali.
Preoccupanti, vista l’emergenza sanitaria, i rialzi per i servizi ambulatoriali, ossia visite mediche specialistiche, servizi dentistici e paramedici, come la fisioterapia: la città peggiore d’Italia è Cosenza, +5,1%, poi Trapani, +4,6%, al terzo posto Vicenza, +2,8%. Le migliori Lodi (-0,2%), Cagliari, Ferrara e Aosta (-0,1% per tutte). Terze, con una variazione nulla, tra le altre, Milano e Napoli. La media italiana è +0,9%. Tra le cattive, Genova, 5° con +2,2% e Bari e Bolzano, ottave con +2%.
La scuola dell’infanzia e istruzione primaria è una batosta per chi abita a Forlì-Cesena (+6,3%), Bolzano (+6,1%), Cosenza e Catanzaro (entrambe +5,4%). Risparmi, invece, anche se contenuti, per chi abita a Trieste (-1,6%), Lecco (-1,3%) e Ancona (-1%). In Italia la media è +1,4%.
Per i rincari dell’assistenza sociale che comprende case di cura per anziani, nidi d’infanzia e servizi di assistenza a domicilio, le città peggiori sono Messina (+4,6%), Pescara (+4,5%) e Vicenza (+4,1%), le più brave Livorno (-5,4%), Pordenone (-3,8%) e Cosenza (-2,1%). Italia: +0,6%. Male Cagliari (7°, +2,4%), Venezia (8°, +2,3%), Torino (9°, +2%) e Napoli (10°, +1,8%).
Le cose vanno diversamente per i servizi di alloggio: alberghi, pensioni, bed and breakfast e villaggi vacanze. A causa del lockdown e del crollo della domanda turistica, ben 42 città su 68 sono in deflazione. Il record per Venezia, dove i listini degli alberghi precipitano nel 2020 del 10,4%, al secondo posto Trapani, -8,5%, al terzo un’altra città turistica per eccellenza, Firenze con -7,6%. Sul fronte opposto salgono a Cosenza (+4,2%), Terni (+3,6%) e al terzo posto Napoli (+3,1%). In Italia scendono dell’1,6%. Tra le città virtuose, Bologna (quarta con -6%), Verona e Lucca (seste con -5,6%), Roma (undicesima con -4,3%), Rimini (dodicesima con -3,9), Milano (tredicesima con -3,8%) e Siena (quindicesima con -3%).
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il vomito. non solo i medici non si propongono per vaccinare ma manco rispondono al telefono. pensa tu. forse temono che il virus passi lo stesso..e si alzano le tariffe del 5%. ah ma forse è un segno di solidarietà e non l ho capito io. così come per la sQola che mi pare sia un diritto garantito dalla costituzione. e gli hotel? mah forse non vogliono più riprendersi dalla crisi. e si perchè la crisi è per tutti…quindi anche avessi un soldo da spendere…non potrei e non verrei in hotel. credo di essere obbligato solo con la sQola ma per le visite, già sono “abituato” ad andare fuori regione (grazie ai governi nazionali e ai politicanti meridionali che hanno permesso lo sciacallaggio della sanità calabrese), mentre per gli hotel…faccio 10 € in più di rifornimento e ritorno a casa. dormo e all indomani risalgo in montagana e/o scendo di nuovo al mare. perfetto