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LAMEZIA TERME (CATANZARO) – “Domanda di reddito di cittadinanza sospesa come previsto dall’articolo 48 del decreto legge 20/23 in attesa eventuale presa in carico dei Servizi sociali”. Questo il testo dell’sms che, venerdì scorso, si sono visti recapitare sul proprio telefonino anche in Calabria circa 15.700 nuclei familiari cittadini calabresi. Il messaggio è stato recapitato a 169mila famiglie italiane (in Campania è residente una famiglia su 4 delle 169mila che hanno ricevuto messaggio sms) e, nei prossimi due mesi, dovrebbe arrivare ad altre 80mila famiglie (in Calabria poco più della metà dei nuclei familiari che hanno ricevuto il messaggio sono residenti a Cosenza, 5.234, e a Reggio Calabria, 3.714). E sono giunti sms di sospensione del reddito di cittadinanza anche a soggetti cui non doveva essere sospeso: soggetti con invalidità certificata; nuclei con minori a carico ecc. (circa la metà delle persone che hanno ricevuto il messaggio di sospensione del sussidio sono in una situazione di disagio sociale, ad esempio tossicodipendenza o disagio abitativo).
Da agosto, quindi, non riceveranno più il sussidio le famiglie che non hanno nel nucleo minori, disabili o over 65. Insomma, gli occupabili fino a 60 anni senza figli piccoli o anziani in famiglia non riceveranno più reddito di cittadinanza in attesa di iscriversi dal 1° settembre al nuovo portale web del Governo che ha ristrutturato completamente il sussidio creato nel 2019, prevedendo, infatti, nuovi requisiti di legge per percepire l’assegno di inclusione (che sostituirà il reddito di cittadinanza) corsi di formazione e un nuovo “patto digitale per il lavoro”.
In attesa, ora che succede? Come dovrà fare chi ha ricevuto il messaggio del reddito di cittadinanza sospeso? Chi è in situazioni di disagio sociale si può rivolgere ai servizi sociali, gli altri dovranno andare ai centri per l’impiego e firmare il Patto di servizio personalizzato per essere avviati al lavoro (previsto un assegno da 350 euro che partirà in autunno). Ma da qui inizia il classico gioco dello scaricabarile di gente che si reca all’Inps, che rimanda ai servizi sociali (che, tra l’altro, sono carenti di personale e che, secondo fonti Inps, sono circa 90mila i nuclei famigliari che hanno i requisiti per ottenere l’assistenza dei servizi sociali) che, a sua volta, rimandano ai centri per l’impiego. Sta succedendo questo, anche in Calabria, dove le falle del sistema sono evidenti, un sistema che prevede gestori diversi della misura e che, sostanzialmente, non si parlano e ciò è indice di estrema confusione. Insomma, un corto circuito.
Già all’origine l’Inps, nel momento della trattazione della domanda, invia il soggetto a due elenchi diversi: quelli dei Centri per l’impiego e quelli dei Comuni. Teoricamente quelli che si trovano negli elenchi comunali dovrebbero essere al riparo con il reddito fino a dicembre. Ma in realtà non è così perché non si è mai capito quali criteri utilizza l’Inps nel fare questa scelta considerato che ci sono persone appartenenti allo stesso nucleo familiare che spesso si trovano alcuni negli elenchi comunali e altri in quelli del centro per l’impiego. Negli elenchi comunali dovrebbero andare solo nuclei familiari cosiddetti multiproblematici per i quali l’approccio al lavoro deve essere accompagnato da misure di natura anche sociale. In realtà non è sempre così e i due enti – Comune e Centro per l’impiego – possono vicendevolmente scambiarsi gli utenti (Il Comune invia al Centro per l’impiego soggetti per i quali non riscontra interventi multidisciplinari e il Centro per l’impiego può inviare al Comune soggetti nei quali – a termini di legge – si riscontra una multiproblematicità secondo criteri prestabiliti dalla norma.
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