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L’economia della regione è stata analizzata nel rapporto annuale: frena anche il Pil
CATANZARO – La Calabria non perde più in termini di economia, ma non riesce a tirarsi fuori dalle sabbie mobili in cui sembra finiti. Nemmeno la ripartenza dell’economia nazionale sembra riuscire a trainare, in maniera sensibile, la regione. Lo rileva Bankitalia nel rapporto annuale sull’andamento dell’economia regionale presentato oggi a Catanzaro, secondo il quale l’attività economica in Calabria, nel corso del biennio 2014-2015, si è stabilizzata «dopo la lunga e pesante recessione osservata tra il 2007 e il 2013», ma l’occupazione resta ai livelli minimi registrati nel Paese.
Le stime di Prometeia indicano che «il Pil in termini reali nel 2015 è cresciuto dello 0,1 per cento (era stato 0,2 nel 2014). Tutti i settori avrebbero però registrato una dinamica inferiore a quella media nazionale. I servizi privati non finanziari – prosegue – sono stati caratterizzati da andamenti contrastanti: il commercio ha beneficiato della timida ripresa nei consumi delle famiglie e nel comparto turistico si è registrato un moderato incremento delle presenze; nei trasporti, continua il declino dei traffici a Gioia Tauro; infine, segnali incoraggianti provengono dal terziario innovativo».
Piacciono i prodotti calabresi
Per quanto riguarda i sincoli comparti, «l’attività industriale – rileva Bankitalia – ha, nel complesso, ristagnato; indicazioni più favorevoli provengono dalle imprese con almeno 20 addetti. La domanda estera di prodotti calabresi è salita sensibilmente, anche se tale canale ha influito in misura ridotta sull’andamento dell’economia, dato lo scarso peso dell’export sul prodotto. Nel settore delle costruzioni il calo si è attenuato; in prospettiva l’attività – spiega Bankitalia – potrebbe beneficiare della stabilizzazione delle transazioni nel mercato immobiliare. Il valore aggiunto in agricoltura ha ripreso a crescere. La stabilizzazione del quadro congiunturale non ha inciso sull’andamento dell’occupazione, che è tornata a scendere».
Il lavoro non si trova
«Le difficoltà del mercato del lavoro – è spiegato nel rapporto – continuano a manifestarsi in maniera differenziata per genere ed età; in particolare, il divario con la media nazionale permane più elevato per le donne e per i giovani tra i 25 e i 34 anni».
Secondo BankItalia, «dopo la sostanziale stasi registrata l’anno precedente, l’occupazione è tornata a scendere nel 2015. In base ai dati della rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat, gli occupati sono diminuiti dell’1,4 per cento, in controtendenza rispetto alla crescita osservata nel Mezzogiorno e in Italia rispettivamente 1,6 e 0,8 per cento».
«La riduzione – si evidenzia nel rapporto – ha riguardato sia gli uomini sia le donne (rispettivamente -1,6 e -1,1 per cento); ha interessato tutti i settori, con l’eccezione dell’agricoltura. Le dinamiche del mercato del lavoro sono state ancora una volta differenziate per fascia di età: l’occupazione è scesa significativamente per i giovani tra i 15 e i 34 anni (-7,7 per cento); è rimasta stabile per gli individui tra i 35 e i 54 anni (-0,1 per cento), mentre è continuata a salire per i lavoratori di 55 anni e oltre (1,8 per cento), anche in relazione all’innalzamento dei requisiti anagrafici previdenziali. Gli occupati sono calati tra i soggetti in possesso al piu’ della licenza media, mentre sono rimasti stabili tra i laureati (rispettivamente -4,6 e 0,3 per cento)».
Il calo dell’occupazione ha riguardato soltanto i lavoratori dipendenti (-3,3 per cento), mentre il numero dei lavoratori autonomi ècresciuto (3,9 per cento). L’offerta di lavoro, cioé la somma degli occupati e disoccupati con più di 15 anni di età, «si è ridotta – prosegue la relazione – nel 2015 del 2,0 per cento , a fronte della stabilità registrata nel Mezzogiorno e in Italia; al calo degli occupati si è associato un decremento delle persone in cerca di occupazione (-4,1 per cento). Il tasso di attività delle persone con età compresa tra 15 e 64 anni – si legge – è sceso al 50,7 per cento. I soggetti in cerca di lavoro sono stati in media 153 mila; rispetto al 2014, sono cresciuti tra gli uomini, mentre si sono ridotti tra le donne».
Il tasso di disoccupazione si è attestato al 22,9 per cento, un dato superiore alla media del Mezzogiorno e a quella nazionale (rispettivamente 19,4 e 11,9 per cento).
I dati legati all’economia calabrese
I trasferimenti pubblici e la stabilizzazione dei prezzi hanno attenuato la caduta del potere di acquisto delle famiglie. «E’ migliorata – si legge nel rapporto – la percezione che le famiglie hanno della propria condizione economica, anche se l’incidenza della povertà rimane su livelli storicamente elevati».
La dinamica dei finanziamenti al settore privato non finanziario ha mostrato segnali di miglioramento, «riflettendo il rafforzamento della domanda di prestiti e l’allentamento delle condizioni di accesso al credito. I prestiti bancari alle famiglie consumatrici – si legge – sono cresciuti per la prima volta dal 2012. Si è rafforzata la crescita dei nuovi mutui per l’acquisto di abitazioni, grazie anche ai livelli storicamente bassi dei tassi d’interesse; il credito al consumo è tornato a crescere, soprattutto nella componente bancaria. I prestiti alle imprese calabresi, seppur in calo per il quarto anno consecutivo, hanno mostrato un’attenuazione della dinamica negativa, che ha interessato sia le imprese medie e grandi sia quelle di piccola dimensione. Anche in connessione con il graduale rafforzamento della situazione economica e finanziaria delle imprese, il flusso di nuove sofferenze nel settore produttivo – rileva la banca centrale – è diminuito, rimanendo tuttavia su livelli piu’ elevati di quelli registrati nel resto del paese e nel periodo pre-crisi. La crescita dei depositi bancari delle famiglie calabresi si e’ interrotta, riflettendo in parte la timida ripresa dei consumi, dopo l’aumento della propensione al risparmio registrato durante la crisi. Nel settore produttivo, i depositi bancari hanno continuato a crescere a ritmi sostenuti».
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