La fila davanti il centro vaccinazione di Soverato
2 minuti per la letturaLa guerra tra poveri è sempre in atto e si è acuita ancor di più in periodo di pandemia. Oggi, dopo mesi dall’inizio delle operazioni vaccinali, anche in Calabria ci sono realtà diametralmente opposte a pochi chilometri di distanza.
Mentre l’eccellenza organizzativa anima l’ente fiera di Catanzaro Lido, 30 km più a sud, nel nosocomio di Soverato, centinaia di persone stazionano a cielo aperto per ore, in attesa di percepire il proprio nome e cognome urlato dal vigilantes o volontario di turno.
Capita anche che le “discriminazioni” vengano denunciate ad alta voce dagli astanti provenienti dal capoluogo che si vedono messi in coda al già lungo elenco, preceduti dai cittadini locali. E meno male che non piove, sole e vento non risparmiano nessuno: in attesa età che vanno dai 40 ai 70 anni circa.
Ritardi medi di circa 3 ore, le sedie ospitano non più del 10% di chi attende a cielo aperto. Nel nuovo ente fiera si attende comodamente seduti in attesa di vedere il proprio numero sul display, c’è anche il distributore di bibite e caffè. All’ospedale di Soverato acconciature da rifare, polvere alzata dal vento e occhi lucidi non per la commozione del fatidico momento. Due pesi e due misure, cittadini di serie A e di serie B nella Calabria dei soliti coloriti cliché.
Nel grigiore delle attese spiccano i colori delle sgargianti divise delle numerose associazioni di volontariato coinvolte: Misericordie, Croce rossa, Carabinieri,… Con compiti da uscieri/pacieri. Sono le 18:35 e attendo dalle 15:15 segnate sul documento che dovrebbe abilitarmi alla vaccinazione. Ascolto voci portate dal vento, voci sempre più arrabbiate e deluse, tristi. Non ride nessuno.
Eppure dovrebbe essere un giorno importante per tutti. La mala organizzazione è protagonista qui a Soverato, a pochi km è tutto diverso, l’attesa non supera i 20 minuti, non c’è polvere, terra sollevata dal vento, sole (29 gradi alle 15),…
Più passano le ore, più sale lo sconforto. Il numero di chi attende aumenta e il silenzio comincia a farsi assordante, ci si stanca anche di protestare.
Luigi Colella
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