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Un tampone

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CATANZARO – Migliaia di tamponi accatastati nelle celle dei laboratori dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, subissata da richieste di intervento da ogni centro della provincia oltre che dalle città maggiori. A cui si aggiungono anche i tamponi delle province di Crotone e Vibo Valentia. Tutto questo provoca attese lunghissime per quanti sono posti in quarantena perché hanno avuto contatto con un positivo. Il risultato è che sono centinaia i casi di persone che finiscono il periodo di quarantena senza avere ancora ottenuto l’esito dei tamponi effettuati dall’Asp, diventando di fatto dei “fantasmi” per il sistema sanitario: né positivi, né negativi, né in quarantena.

Quello che sta avvenendo evidenzia a pieno le disfunzioni di un sistema che è stato travolto dalla seconda ondata. Quando una persona viene indicata come contatto di un positivo viene posta in isolamento domiciliare per un periodo di dieci giorni, attraverso un’ordinanza del sindaco. In questa fase, l’Azienda sanitaria provinciale deve effettuare il tampone a domicilio con il proprio personale organizzato dal Dipartimento di prevenzione.

Questo avviene solo dopo alcuni giorni, con cittadini pronti a raccontare di avere ottenuto il tampone ad una settimana dall’inizio dell’isolamento. A quel punto occorre attendere in casa l’esito del tampone. E qui si inceppa definitivamente il meccanismo.

Finito il periodo di isolamento di dieci giorni né il sindaco della città di residenza né l’Asp possono prolungare il provvedimento, per cui il cittadino è praticamente libero di uscire di casa. Le testimonianze raccolte indicano l’assurdità di questo iter e delle sue conseguenze: c’è il caso di una famiglia del Catanzarese la cui madre è risultata positiva a un tampone effettuato da un laboratorio privato.

Solo dopo una settimana sono stati effettuati i test al resto della famiglia, composta anche dal marito e da tre figli. I dieci giorni di isolamento sono terminati il 5 novembre, per cui i contatti della donna avrebbero potuto uscire tranquillamente. Solo dopo quattro giorni dalla fine dell’isolamento, però, l’amara scoperta: anche due figli sono positivi. A salvare tutti da possibili contagi esterni al nucleo familiare è stata la sensibilità dei componenti che hanno deciso di non uscire di casa nonostante la fine dell’isolamento.

Un discorso del tutto analogo a quello di un’altra famiglia. Il padre ha effettuato tampone domiciliare con l’Asp per il contatto con un congiunto positivo. Terminato l’isolamento non è ancora giunto l’esito del tampone, ma l’uomo, nonostante non abbia alcun sintomo, non può rientrare a lavoro perché serve la conferma della sua negatività. Un aspetto che riguarda tante persone e che, in alcuni casi, non consente di rimanere nell’abitazione, specie quando si tratta di dipendenti di aziende private o di lavoratori autonomi. Il risultato finale è che si rischia di avere in circolazione tantissime persone che non hanno mai ottenuto l’esito dei tamponi e non sanno, quindi, se possano essere motivo di contagio.

Quelle migliaia di tamponi accatastati nelle celle attendono di essere processati e dietro ognuna di quelle boccette c’è la storia di una persona che, giorno dopo giorno, vive l’angoscia di un possibile contagio, non può essere curata in caso di sintomi febbrili e attende inutilmente che qualcuno possa comunicare l’esito degli accertamenti. Il personale del servizio dell’Asp lavora senza sosta, ma il numero di macchine a disposizione e il personale sanitario operativo non possono bastare per l’infinita mole di richieste da processare ogni giorno.

È questa la sanità calabrese, travolta dalla seconda ondata del Covid-19 nonostante fosse ampiamente annunciata ed attesa.

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