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CATANZARO – Secondo la relazione del direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della Salute, Andrea Urbani, la drammatica situazione venutasi a creare nella Domus Aurea di Chiaravalle (ma per essere più precisi: Rsa La ginestra Hospital e Casa protetta Domus Aurea) tra la fine di marzo e gli inizi di aprile, sarebbe da addebitare quasi interamente alla proprietà ed alla gestione della struttura.
Al contrario Regione Calabria, Asp di Catanzaro e le altre istituzioni coinvolte avrebbero agito più o meno correttamente e finanche efficacemente oppure non sono proprio menzionate nella relazione (come il Comune di Chiaravalle). A riguardo, sottolinea come l’Unità di crisi della Regione abbia lavorato in «buona sinergia» con operatori sanitari, ospedali catanzaresi e Nas. È naturalmente il caso di rammentare, prima di “entrare” nella relazione, che 28 pazienti della Domus Aurea hanno perso la vita in quelle tragiche settimane. Secondo quanto riportato, questa «buona sinergia» avrebbe «permesso di contenere il numero di decessi di anziani allocati nella struttura».
Un quadro chiaro, secondo Urbani, che subito addita un «comportamento inappropriato» da parte del direttore sanitario Domenico Battaglia e dell’amministratore Domenico De Santis: «Come dichiarato in base alla testimonianza di tutti i professionisti auditi e in base all’evidenza della situazione precaria in cui si sono trovati i degenti, tra cui un’anziana morta nel suo letto di cui nessuno si era accorto, hanno totalmente sottovalutato o non considerato la situazione di rischio cui andavano incontro i degenti della Rsa e della Casa protetta». Le lacune all’interno della struttura riguarderebbero la mancanza di dispositivi di protezione individuale («la struttura sembra avesse a disposizione qualche mascherina, qualche visiera ma non camici»), anche se qui anche la relazione sottolinea come la carenza di materiale di sicurezza sia dovuta alla «mancanza di richiesta o mancanza di approvvigionamento».
La struttura secondo il Ministero non ha inoltre predisposto un adeguato percorso Covid all’interno dell’edificio, ben protetto da un altro non Covid e quindi creando presupposti di mancato argine del contagio. Non solo, «la direzione sembra abbia rifiutato anche il supporto logistico fornito dalla Croce Rossa riguardo la fornitura dei pasti, ciò potrebbe aver aggravato la condizione clinica dei pazienti». In generale, la relazione evidenzia come si presupponga per la Domus Aurea «una situazione di grave substandard care degli anziani di fatto già presente presso la struttura ben prima dell’emergenza Covid».
A stretto giro, è arrivata una prima parziale replica degli avvocati dell’amministrazione della Domus Aurea, ovvero Antonello Talerico e Ileana De Santis. «La ricostruzione operata – scrivono – è artatamente finalizzata ad imputare colpe e responsabilità alla società che però non trovano conferme fattuali e, al contrario, sono smentite da innumerevoli prove audio-visive, delle telefonate intercorse con le Autorità, documenti ecc. in possesso di questa società e che verranno senz’altro fornite molto presto all’Autorità giudiziaria affinché si faccia luce sulla vicenda e si accertino le reali responsabilità penali, civili ed amministrative dei soggetti coinvolti».
Non solo, i legali, che qualche giorno fa hanno fatto ricorso al Tar di Catanzaro contro l’Asp per ridare alla struttura la possibilità di prendere in carico i pazienti, entrano nel merito delle “accuse” mosse dalla relazione. In premessa sostengono: «È pacifico ed incontestabile che la società avesse disposto misure atte a prevenire il contagio secondo le linee guida risultanti dai provvedimenti del Ministero della Salute, della Protezione civile e della Regione Calabria (solo a titolo esemplificativo si è disposta la chiusura totale a parenti visitatori e fornitori benché la normativa regionale consentisse l’accesso controllato, per un breve lasso di tempo di un parente per volta) e che gli anziani ospiti ricevessero un livello cure ed attenzioni impeccabile all’interno della struttura prima dell’esplodere dell’emergenza». Precisa anche la contro-deduzione sui percorsi Covid positivi/negativi che sarebbero mancati all’interno della struttura, come succitato: «L’unica divisione strutturalmente e concretamente realizzabile all’interno della struttura era la divisione in piani degli anziani e la separazione dei covid-positivi dai covid-negativi, tale suddivisione è stata immediatamente disposta. Si è curiosi di sapere, secondo gli eminenti esperti del Ministero e non solo, come potessero esserci percorsi totalmente differenziati quando alcune strutture sono necessariamente comuni e non sdoppiabili come ad esempio ascensore e montalettighe».
Sui Dpi la difesa è strenua, ed anzi si tramuta in contrattacco: «La società ha richiesto l’invio di Dpi idonei al trattamento di Covid conclamati sin da subito» poiché «sul mercato in quel dato momento storico non si riusciva a reperirne. La richiesta formulata oralmente i primi giorni e per iscritto nei giorni successivi è rimasta quasi totalmente inevasa. I ritardi nei soccorsi e nel trasporto in ospedale degli anziani sono notori». E anche, per finire, sull’anziana deceduta di cui non si “sarebbero accorti” alla Domus Aurea: «Sul punto occorre precisare come le Autorità avessero impartito la disposizione di non spostare assolutamente le salme dai letti fino al trasporto all’esterno da eseguirsi secondo le procedure stabilite». Insomma, lo scontro sulle responsabilità per quanto è avvenuto a Chiaravalle nel pieno dell’emergenza sanitaria è già intenso e su più livelli, dal Ministero passando per i tribunali amministrativi, in attesa delle prime eventuali conclusioni della Procura della Repubblica di Catanzaro.
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