Una vaccinazione
4 minuti per la letturaCATANZARO – Due mesi senza vaccini per i bambini di Catanzaro, poi la ripresa, seppur a singhiozzo, fino all’amara scoperta: il centro vaccinazione ha scelto di escludere alcuni vaccini tra quelli da effettuare in questo periodo. Niente Meningococco B, ad esempio, perché non incluso tra gli obbligatori, ma raccomandato e inserito nel Calendario vaccinale Lea, incluso nel Piano nazionale prevenzione vaccinale. Catanzaro ha scelto di rinviare, senza dare una data precisa e facendo riferimento persino al prossimo anno.
Il calvario delle famiglie, iniziato lo scorso mese di marzo con l’arrivo della pandemia, non si è risolto il 27 aprile con la riapertura del servizio, ma ha solo cambiato metodo. Si vaccina con difficoltà, turni improbabili e regole poco comprensibili.
Tra queste persino l’obbligo per i bambini, messo per iscritto sul sito dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, di indossare mascherine di protezione per recarsi nei centri vaccinazione. Una regola in pieno contrasto con le disposizioni contenute nei decreti che impongono l’uso delle protezioni solo sopra i sei anni di età e lo escludono categoricamente, anche per possibili rischi per la salute, sotto i due anni. D’altronde, appare difficile immaginare un neonato con la mascherina. Non a Catanzaro, però, dove qualcuno ha pensato bene di inserire un obbligo inaccettabile.
In Calabria i vaccini contro il Meningococco vengono effettuati in tutte le Aziende sanitarie, ma Catanzaro ha deciso di differenziarsi utilizzando una interpretazione restrittiva della norma e penalizzante nei confronti dei bambini.
La spiegazione errata che utilizza il centro vaccinazioni di Catanzaro riguarda una nota dell’Organizzazione mondiale della sanità, dove si evidenzia: «Dare la priorità al ciclo primario delle vaccinazioni, in particolare al vaccino contro morbillo-parotite-rosolia (MPR), ai vaccini contro la poliomielite e agli altri vaccini combinati». Ma questo non esclude assolutamente il vaccino contro il Meningococco B, anzi. Rafforza il quadro per quei vaccini previsti nel primo ciclo e legati alla fase neonatale dei bambini, quando è più pericoloso e facile ammalarsi.
Il chiarimento dell’Oms arriva nello stesso documento, in cui si sottolinea che «l’elevato potenziale di epidemie di malattie prevenibili da vaccino rende indispensabile per i Paesi mantenere la continuità dei servizi vaccinali». Quindi, la continuità dei servizi vaccinali non poteva essere arbitrariamente interrotta prima, per ben due mesi, e non può essere parzialmente sospesa oggi, decidendo l’interruzione di un vaccino principale o di un suo richiamo.
Inutili le proteste di decine di genitori, nel silenzio di chi dovrebbe controllare ma fa finta di non sapere. Le risposte da parte del personale del centro vaccinazioni sono categoriche e, in alcuni casi, come abbiamo avuto modo di sentire attraverso alcune telefonate, quasi irriverenti. Parlare telefonicamente con il centro è quasi impossibile, ma quelle poche volte che ci si riesce, le risposte sono disarmanti.
Il Ministero della Salute non ha dubbi nel descrivere la necessità di effettuare questo tipo di vaccini: «I bambini piccoli (al di sotto dei 5 anni di età) e gli adolescenti sono a rischio più elevato di contrarre infezione e malattia. Per quanto riguarda il sierogruppo B, la maggior parte dei casi si concentra fra i bambini più piccoli, al di sotto dell’anno di età».
L’Istituto superiore di sanità, nell’affrontare la “questione vaccini” in periodo Covid-19 non ha dubbi: «Le vaccinazioni sono una componente fondamentale dei servizi sanitari e una loro interruzione, anche se per un breve periodo – dichiara – porterebbe a un accumulo di persone suscettibili e a un maggiore rischio di epidemie di malattie prevenibili da vaccino (che possono causare decessi e portare una aumentata richiesta di risorse sanitarie). È fondamentale pertanto – prosegue l’Iss – ridurre al minimo questo rischio, soprattutto in un sistema già provato dalla risposta all’epidemia di Covid-19».
In questo clima, c’è chi ha provato a scaricare questi compiti sui pediatri, fino al sostenere che potrebbero essere loro ad effettuare l’immunizzazione, ma si pone una questione tecnica e legale: manca una regolamentazione e una contrattazione ufficiale per affidare questo compito e non c’è un modo per trasportare il vaccino garantendo le modalità obbligatorie legate al freddo.
Intanto, restano i disagi per le famiglie e i pericoli per i bambini, bloccati davanti ad un muro invalicabile costruito da chi dovrebbe garantire l’assistenza sanitaria. Sempre.
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