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Incendio di Catanzaro, la nonna durante i funerali: «Soccorsi in ritardo»
CATANZARO – «La prima telefonata di soccorso ai vigili del fuoco è partita da un piccolo rom al quale, però, è stato chiuso il telefono. Poi ha chiamato anche il padre e subito dopo anche un’altra donna rom. I rom, proprio loro, si sono precipitati per prestare i primi soccorsi, perché se i vigili del fuoco fossero arrivati prima questi piccoli angeli adesso non li avrei visti qua». È un fiume in piena Maria Spina, madre di Vitaliano Corasoniti, il papà dei tre fratelli morti nell’incendio del loro appartamento di Catanzaro.
La donna, ha preso la parola, sorretta dal marito e da un sacerdote, durante i funerali svoltisi nel pomeriggio a Catanzaro. La sua voce è apparta rotta dal dolore ma determinata.
«A mio figlio Vitaliano, che è un papà speciale – ha detto ancora Maria Spina – ho insegnato che non bisogna fare distinzioni perché siamo tutti figli di Dio. Intanto se mio figlio, la moglie e i figli torneranno a casa, io dovrò abbracciare quel bambino, quel padre e quella signora rom. Mio figlio è un ragazzo pulito, la sua famiglia era piena d’amore ed era una squadra. Saverio non era uno stupido perché autistico, anzi era molto intelligente. La famiglia di mio figlio non aveva una vita sociale nel quartiere non per colpa del quartiere, ma perché tutte le giornate erano dedicate a Saverio. Anche gli altri componenti della famiglia si dedicavano a lui».
«Le condizioni di mio figlio, così come quelle del resto della sua famiglia – ha aggiunto la donna – sono non gravi ma gravissime. Se con l’aiuto di Dio mio figlio tornerà a casa, lui continuerà a fare la sua battaglia per dare dignità a chi convive con l’autismo ed a chi non ha voce. E questa volta combatteremo assieme».
Propositi che la donna ha confermato anche al termine della funzione religiosa. «Mio figlio – ha detto ancora Maria Spina sul sagrato della Basilica dell’Immacolata, tra gli applausi delle persone che affollavano la chiesa – andava in tutti gli uffici a chiedere aiuto, ma riceveva sempre porte in faccia da tutti. Vitaliano ha combattuto e combatterà ancora. Ed io sarò con lui».
INCENDIO DI CATANZARO, IL VESCOVO DURANTE I FUNERALI: COMUNITÀ UNITA NEL DOLORE
Applausi lunghi e ripetuti, commozione e tante lacrime a Catanzaro dentro e fuori la basilica dell’Immacolata in occasione dei funerali di Saverio, Aldo e Mattia Corasoniti, i tre fratelli di 22, 16 e 12 anni morti nella notte tra venerdì e sabato scorsi nell’incendio della loro abitazione nel quartiere Pistoia, nel quale sono rimasti feriti in modo grave anche i genitori Vitaliano e Rita, di 42 e 41 anni, e due loro fratelli, Antonello, di 14, e Zaira Mara, di 10, ricoverati in gravi condizioni negli ospedali di Catanzaro, Bari e Napoli.
Davanti alle tre bare bianche, i genitori di Vitaliano e la sorella Gessica. Non ci sono i congiunti della madre delle vittime. «Troppo provati – spiega una parente – per poter essere qui».
Tra i palloncini bianchi tentano di nascondere la loro commozione gli amici e i compagni di scuola, che non riescono a trattenere le lacrime seguendo la funzione celebrata dall’arcivescovo mons. Claudio Maniago. Ci sono anche i gonfaloni della Regione Calabria e della Provincia e del Comune di Catanzaro, con il sindaco Nicola Fiorita con fascia tricolore.
«Tutta la città e anche oltre – ha detto nell’omelia mons. Maniago – si stringe in un unico cordone di affetto, quasi ad arginare l’onda di dolore che ci trafigge il cuore lasciandoci nello sgomento e nello sconforto. Un dolore che non può essere “detto” perché le parole non sono in grado di contenerlo ed esprimerlo. Forse le due espressioni che meglio riescono a segnalarlo sono “il grido” e “il silenzio”. La comunità è tutta qui. Saverio, Aldo e Mattia sono al centro dei sentimenti di tutti».
L’arcivescovo ha elencato le domande che tutti si pongono di fronte a questa tragedia: «perché è capitato? Perché così? Perché adesso? Perché proprio lì? Certo il fatto che questo tragico evento si sia consumato in un quartiere tristemente famoso, che è spesso abitato nella solitudine, con una rarefazione dei legami comunitari ed una disgregazione dei legami familiari, ci porta subito a puntare il dito verso quelle periferie dove spesso si concentrano i problemi di ogni convivenza civile, come delle vere discariche di tensioni sociali e umane. Forze dell’ordine, tecnici e inquirenti faranno luce sulla dinamica dei fatti, ma questa tragedia, di cui siamo testimoni, ci chiede il coraggio di riconoscere che tutto questo non darà la risposta ai “perché” che abbiamo nel cuore e soprattutto non placherà il nostro dolore».
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