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La conferenza stampa dell'operazione

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CATANZARO – Alle prime luci dell’alba è scattata un’operazione condotta dai militari del Comando provinciale della Guardia di finanza di Catanzaro e del servizio centrale investigazione criminalità organizzata della Guardia di finanza di Roma, coordinati e diretti dalla Dda di Reggio Calabria per l’esecuzione, in diverse regioni d’Italia, di 57 misure cautelari (43 in carcere e 14 agli arresti domiciliari) nei confronti di esponenti di un’organizzazione criminale dedita all’importazione di cocaina dal Nord-Europa e dalla Spagna.

Gli indagati sono in tutto 93. Sequestrati anche beni per oltre 3,7 milioni di euro.

Tra gli arrestati ci sono esponenti di cosche della ‘ndrangheta del Reggino (LEGGI TUTTI I NOMI).

L’operazione, denominata Crypto, rappresenta l’epilogo di un’altra compessa operazione, denominata “Gerry”, diretta dalla Procura di Reggio Calabria, e che nel 2017 aveva consentito di sgominare un articolato sodalizio criminale composto da soggetti di primo piano delle cosche di ‘ndrangheta Molè, Piromalli e Pesce Bellocco attive tra Gioia Tauro e Rosarno.

I particolari sono stati illustrati in una conferenza stampa che si è tenuta questa mattina nella sede del comando provinciale della Guardia di finanza a Reggio Calabria con il procuratore Giovanni Bombardieri, i procuratori aggiunti paci e Lombardo e i vertici della Guardia di finanza del comando provinciale di Catanzaro e dello Scico di Roma.

Le famiglie di ‘ndrangheta Pesce-Bellocco e Cacciola-Certo-Pronestì avevano messo in atto una ramificata organizzazione criminale transnazionale volta al traffico internazionale di stupefacenti, capace di pianificare ingenti importazioni di cocaina dal nord Europa (Olanda, Germania, Belgio eccetera) nonchè dalla Spagna e di piazzarla in buona parte delle regioni italiane (Lombardia, Campania, Piemonte, Lazio, Puglia, Calabria, Sicilia ed Emilia Romagna) e anche nell’isola di Malta.

All’organizzazione non mancavano uomini e mezzi per far giungere la cocaina a destinazione, nell’ambito di un’organizzazione tipicamente aziendale e che comunicava con Sim tedesche (particolarmente difficili da intercettare per l’elevato livello di codici di protezione) e contava sulla possibilità di recuperare e modificare ad hoc numerose autovetture, dotate di complicatissimi doppifondi, per sfuggire ai controlli di polizia.

La sostanza stupefacente arrivava a Rosarno e da lì partiva per raggiungere le diverse piazze di spaccio. I contatti con i fornitori sudamericani sparsi per l’Europa, erano tenuti da un cittadino dominicano, Humberto Alexander Alcantara che, in particolare, nel 2018 aveva organizzato due importanti incontri, uno a Barcellona e un altro in Belgio, tra Giuseppe Cacciola e Nicola Certo con qualcuno capace di importare la droga dal Sudamerica.

Un ruolo importante lo aveva anche Marco Paladino, legato alla cosca di ‘ndrangheta Gallace di Guardavalle (Catanzaro) e stabilmente residente in Germania. A lui toccava procacciare convenienti partite di droga nel nord Europa e di portarla in Calabria. In Germania operava anche Domenico Tedesco, il quale forniva appoggio logistico quando i referenti dell’organizzazione si recavano in territorio tedesco.

Da tenere in considerazione, secondo gli inquirenti, anche i rapporti che l’organizzazione aveva instaurato con altre consorterie criminali, in particolar modo in Calabria e Sicilia. Tra questi quello operante ad Amantea (Cosenza), riconducibile a Francesco Suriano, esponente di spicco della cosca Gentile, e Roberto Porcaro, reggente della ‘ndrina Lanzino. Un altro gruppo criminale con cui l’organizzazione avea stretto rapporti era quello riconducibile a Francesco Cambria (clan Cappello) e attivo a Catania e poi con altri a Torino (facente capo a Vincenzo Raso), e poi altri a Siracusa, Benevento e Milano.

Per far arrivare la cocaina fino a Malta, inoltre, nel febbraio 2018, Ivan Meo (soggetto ritenuto vicino al clan Cappello) e due soggetti non identificati, andavano via mare, da Pozzallo (Ragusa) a Malta, dove consegnavano sostanze stupefacenti e, come provento della cessione, Meo riportava in Italia euro 50.850,00, così come scoperto in una perquisizione veicolare.

Le indagini hanno dimostrato, poi, che tra i rosarnesi e le altre associazioni criminali si era creata una vera e propria sinergia; sebbene nella quasi totalità dei casi le ingenti partite di narcotico partivano dalla Calabria per approvvigionare i vari acquirenti, quest’ultimi, in alcuni casi, “ricambiavano il favore” provvedendo a rifornire di stupefacente gli stessi rosarnesi o rifornendo un altro gruppo mediante l’intermediazione degli stessi.

Con la decriptazione di tale messaggistica, è stato possibile trarre significative indicazioni sul modus operandi dell’organizzazione, identificare i sodali e ricostruire numerosi episodi di commercio e importazione di sostanze stupefacenti. Infatti, nel corso delle indagini, sono stati arrestati in flagranza di reato da altri Reparti della Guardia di Finanza dieci corrieri di droga e sequestrati circa 80 kg di cocaina che una volta immessa in commercio avrebbe fruttato all’organizzazione più di 4 milioni di euro, oltre che svariati chili tra “marijuana” ed “hashish”. Inoltre, dall’attività d’indagine è emerso che, tra l’aprile e il novembre del 2018, l’organizzazione criminale ha movimentato, oltre a quelli sequestrati, altri 140 kg di cocaina.

Le contestuali indagini patrimoniali hanno consentito, come detto, anche un sequestro preventivo d’urgenza di beni, per un valore complessivo stimato in oltre 3,7 milioni di euro, costituito da fabbricati, società e relativi complessi aziendali, automezzi e numerosi rapporti bancari e finanziari, dislocati in Calabria, Calabria, Sicilia, Puglia, Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte. In particolare, attraverso articolate investigazioni economico-patrimoniali si è proceduto a verificare, per ciascun soggetto, la presenza di sproporzione tra i redditi dichiarati e le possidenze intestate procedendo, al fine di scongiurare la dispersione dei patrimoni, al sequestro d’urgenza dei beni non giustificati.

LE REAZIONI

“L’organizzazione che abbiamo disarticolato oggi era particolarmente professionale non a caso l’operazione è stata denominata Crypto. I membri e i capi dell’organizzazione si erano organizzati per comunicare tra loro in codice. Di questa operazione siamo molto orgogliosi. Non è stata la classica operazione perché per arrivare a questo risultato ci sono stati diversi sequestri per oltre 100 chili di sostanza di stupefacenti e arresti dei corrieri in fragranza. Questa operazione si è andata via via gonfiando con attività investigative originali perché hanno dovuto confrontarsi con dei criminali assolutamente originali attraverso una rete di sim tedesche intestate a prestanome, e già questo poteva essere un problema non da poco, ma soprattutto usavano dei codici crittografici numerici non associati banalmente alle lettere. Questo ha posto non poche difficoltà investigative”.

Queste le parole del comandante provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro Dario Solombrino in merito all’operazione di questa mattina.

“Quella di oggi è un’indagine che dimostra la capacità di dare continuità a una serie di investigazioni considerando che questa è una costola dell’operazione Gerry del 2017 che aveva già ricostruito un quadro di narcotraffico internazionale facendo emergere due utenze criptate che erano state lasciate un po’ da parte in quell’ambito ma che sono state subito dopo approfondite e che erano un insieme di informazioni di grande rilievo – ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo – da quelle utenze si apre uno scenario del tutto nuovo perché erano gestite dal parte di varie componenti della ‘ndrangheta territoriali che passavano dalla Repubblica Domenicana alla Spagna per poi arrivare al nord Europa e poi tornare in Calabria tramite le centrali logistiche della Piana di Gioia Tauro gestite dalle famiglie di Rosarno attraverso soggetti inseriti non solo in una vasta rete di narcotrafficanti ma, soprattutto, in grado di comunicare con modalità criptate. Non parlavano mai comunicavano solo per iscritto e questo ha creato molte difficoltà”.

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Alessandro Chiappetta

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