Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri
2 minuti per la letturaCATANZARO – Incontro oggi tra il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e il vertice operativo di Interpol che ha dato vita al progetto I-Can (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta) che coinvolge forze di polizia italiane e di 10 Paesi (Argentina, Australia, Brasile, Canada, Colombia, Francia, Germania, Svizzera, Uruguay, USA) che hanno costituito unità operative dedicate alla lotta alla ‘ndrangheta.
«Siamo qui per discutere con Gratteri della progettualità I-Can – ha detto Vittorio Rizzi, vicecapo della Polizia – e abbiamo con noi il vice direttore di Interpol Stephen Kavanagh. I-Can ha già dato risultati e molti latitanti sono stati localizzati in giro per il mondo. Oggi è un fatto acquisito che la ‘ndrangheta sia diffusa in vari Paesi. Per contrastarla è necessario avere collaborazioni in tutto il mondo. I-Can è un progetto che stiamo conducendo con Interpol per effettuare, contro una minaccia globale, una lotta globale».
«La ragione dell’incontro è capire quali sono le connessioni grazie alle quali la ‘ndrangheta riesce a raggiungere altre aree del mondo. L’impatto è sull’economia locale: succede nelle Americhe, in Australia. Vogliamo aiutare le procure locali nel contrasto del fenomeno» ha detto Kavanagh.
«È una visita che abbiamo organizzato da tempo – ha detto Gratteri – con l’organizzazione di respiro internazionale che tende a collegare i Paesi in cui c’è la ‘ndrangheta per creare uniformità di indirizzo, di approccio e tecniche di indagine. La nuova struttura tenderà anche a fare formazione per le Polizie che operano in zone in cui c’è la ‘ndrangheta. Dobbiamo creare corsi per omologare tecniche di indagine ma soprattutto per far conoscere la ‘ndrangheta, anche partendo dalla storia, e capire perché siamo arrivati ad assistere a un fenomeno mafioso sempre più forte e pervasivo».
Per Gratteri è necessario innanzitutto «un approccio conoscitivo, storico e non pensare che le mafie agiscano tutte allo stesso modo. C’è un approccio criminale diverso anche all’interno delle stesse mafie italiane. Quindi è bene spiegare qual è la traccia da seguire». Sulla consapevolezza della pervasività del fenomeno all’estero, per Gratteri «siamo all’inizio, nonostante se ne parli da tanti anni».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA