Monica Minervini
3 minuti per la letturaCATANZARO – I computer spenti, l’ufficio vuoto. Un vuoto malinconico, da far paura. Paura di perdere tutto quello che in una vita di sacrifici si è costruito. Ma ad un certo punto, in un insolito – ma non poi tanto – percorso inverso, la rassegnazione si è trasformata in rabbia. È quella di Monica Minervini, agguerrita imprenditrice catanzarese della “SM congressi ed eventi, che non usa mezzi termini per denunciare la crisi della sua azienda, comune a molte, ma non per questo meno grave. Anzi. Un’esistenza, la sua, operante nella “event industry”, con seminari, corsi di formazione, fiere nazionali e internazionali, spettacoli culturali e moda. Poi, il ciclone Covid ha messo in ginocchio anche la sua attività. La cassa integrazione dei dipendenti e le sofferenze dell’indotto in un comparto, quello appunto della convegnistica, che sta andando sempre più a fondo, «anche perché per lo Stato siamo degli invisibili».
Monica all’inizio della pandemia, anche potendo contare di un canale col ministero della Salute, ha ottenuto la commessa per la produzione delle mascherine e igienizzanti e nel primo periodo, racconta, «le cose stavano andando relativamente bene, le spese si riuscivano a coprire. Tra l’altro grazie alla fornitura di un’azienda vendevamo anche i tamponi, ovviamente esclusivamente agli operatori sanitari. Con il proliferare di aziende produttrici è chiaro che la concorrenza è aumentata e tutti siamo andati sostanzialmente in perdita. Adesso non viviamo, sopravviviamo», rileva.
Dei “Ristori” neanche a parlarne: «Vuole sapere quanto ho ricevuto in un anno? La miseria di 2.000 euro. Se non ci fosse da piangere mi verrebbe da ridere. Con quella somma non ci tiriamo neanche una settimana», denuncia con rabbia: «È una presa in giro – aggiunge – soprattutto perché lo Stato continua a non farci lavorare nonostante si siano adottate tutte le precauzioni. È importante sottolineare che il settore dei congressi ed eventi è estremamente professionalizzato e sicuro: si adottano e si applicano protocolli di sicurezza ancora più rigidi di quelli stabiliti nelle Linee Guida per le riaperture delle attività economiche; quello che sta accadendo è certamente discriminatorio nei nostri confronti. È legale – si domanda l’imprenditrice – che lo Stato decida chi può lavorare e chi no? È giusto che la mia categoria non possa operare da oltre un anno? Chi valuta e decide il rischio in caso di svolgimento di congressi? Le nostre imprese fanno parte di una filiera particolarmente estesa che coinvolge agenzie specializzate, strutture alberghiere per sedi congressuali e location, service audio-video, agenzia viaggi, allestitori, scenografi, registi, società di catering, hostess. Restare fermi per tutto questo tempo significa accentuare la crisi su tutto questo indotto e adesso non è più possibile».
Domandiamo se ha fatto una stima delle perdite dall’inizio dell’emergenza pandemica e la risposta mostra numeri rilevanti per la sua azienda: «Orientativamente – risponde la Minervini – siamo intorno al 150mila euro. Io ho dovuto mandare in cassaintegrazione il personale e neanche l’indotto che ruota attorno alla nostra attività se la passa bene. Tante hostess sono rimaste a piedi e il dramma nel dramma è che in non pochi casi anche almeno uno dei genitori si è ritrovato senza lavoro. E dire che all’inizio della pandemia l’altro governo si era affrettato ad annunciare ai quattro venti che nessuno avrebbe perso l’impiego a causa della crisi sanitaria. Le cronache ci dicono il contrario. Il governo deve metterci in condizione di lavorare e deve farlo subito, anche perché abbiamo visto tutti cosa è successo a Roma questa settimana».
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