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CATANZARO – I militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catanzaro hanno eseguito due misure cautelari di arresto ai domiciliari nei confronti di una dirigente della Regione Calabria, Maria Gabriella Rizzo, 57 anni, (già responsabile anti-corruzione del citato ente) e di un’imprenditrice del vibonese operante nel settore turistico, Laura Miceli, 67 anni, entrambe indagate per corruzione e falsità ideologica. Nel corso dell’operazione sono state eseguite anche delle perquisizioni in Calabria e Toscana.
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Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catanzaro, Paolo Mariotti, su richiesta della Procura della Repubblica, con i sostituti procuratori Graziella Viscomi e Giulia Tramonti coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e dal procuratore della repubblica Nicola Gratteri.
L’operazione denominata “È dovere”, che ha portato all’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari di Rizzo (dirigente della Regione Calabria, in servizio presso il dipartimento “Turismo, beni culturali e spettacolo” e all’epoca dei fatti anche responsabile regionale per la trasparenza e la prevenzione della corruzione), e di Miceli (imprenditrice del settore turistico del litorale vibonese) «ha consentito di riscontrare – sostiene la Guardia di Finanza – come la dirigente regionale comunicava all’imprenditrice ricadese informazioni non ancora divulgate riferite a bandi non pubblicati e forniva alla stessa anche attività “consulenziali”».
In particolare, «la dirigente, anche in incontri informali appositamente organizzati, prospettava all’imprenditrice l’evoluzione delle istruttorie di pubblicazione ed i contenuti di bandi regionali finanziati da fondi comunitari destinati al supporto del settore turistico-alberghiero».
In un caso (per il quale l’imprenditrice è indagata in stato di libertà anche per concorso in falso ideologico) «cosciente del fatto che il villaggio turistico della Miceli aveva già usufruito – proseguono i finanziari – di un contributo “de minimis” da 200 mila euro per il “miglioramento ed ampliamento delle strutture ricettive esistenti”, nelle more della pubblicazione di un ulteriore bando precluso alla miceli, in quanto aveva già usufruito di tale tipologia di fondi, la Rizzo promuoveva la partecipazione dell’impresa, che in concreto gestisce il villaggio, riconducibile sempre alla Miceli seppure formalmente intestata a terzi».
Le indagini hanno, altresì, consentito «di accertare che, in un caso, la dirigente regionale si sia personalmente adoperata per “accontentare” la Miceli, bisognosa di avere la liquidazione il prima possibile di un stato di avanzamento lavoro di oltre 130 mila euro. siccome per un errore contenuto in una scheda tecnica l’effettiva liquidazione del s.a.l. da 130 mila scese a 124 mila euro, la Rizzo si sentì in dovere di spiegare alla Miceli che l’errore non era dipeso da lei».
Secondo i finanzieri, «a fronte di tali “servigi” la Rizzo, unitamente ai propri famigliari, usufruiva a spese della Miceli di un soggiorno di 5 giorni nel capoluogo toscano, di un soggiorno nel villaggio di Ricadi nonché beneficiava di diversi pranzi e di varie donazioni di vino. Nella vicenda si ipotizza il concorso con la rizzo di un ingegnere (consulente esterno deputato al controllo dei finanziamenti erogati dalla regione al settore turistico) la cui posizione dovrà essere valutata dal giudice con riferimento alla richiesta di sospensione dall’incarico di collaboratore della regione avanzata dai p.m. titolari delle indagini».
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