X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

Se le normali trattative commerciali sembrano scarsamente efficaci e le vie legali dall’esito troppo incerto e a lungo termine, si può sempre ricorrere alle intimidazioni ad opera del mafioso di zona per far valere le proprie ragioni e ancora di più i propri torti.

LAMEZIA TERME – Se le normali trattative commerciali sembrano scarsamente efficaci e le vie legali dall’esito troppo incerto e a lungo termine, si può sempre ricorrere alle intimidazioni ad opera del mafioso di zona per far valere le proprie ragioni e ancora di più i propri torti. Così avrà pensato un commerciante lametino che ha chiesto aiuto alla ‘ndrangheta per far recedere un creditore dall’azione legittimamente intrapresa contro di lui e, di fatto, estorcergli 140.000 euro di debiti non onorati.

La guardia di finanza del gruppo di Lamezia Terme ha infatti notificato un avviso di conclusione indagini preliminari con contestuale avviso di garanzia, emesso dalla direzione Distrettuale antimafia di Catanzaro a carico di un elemento di spicco della cosca Giampà di Lamezia e di un commerciante lametino. Entrambi i soggetti sono indagati per estorsione aggravata dal metodo mafioso.

La vicenda non riguarda il classico “pizzo” imposto dalle cosche agli operatori economici, ma al contrario evidenzia come, in alcuni casi, quella che dovrebbe essere la parte sana della società chiede aiuto alla ‘ndrangheta per il raggiungimento di scopi illeciti. Infatti, dalle indagini svolte dai finanziari di Lamezia, dirette da dalla Dda, è emerso che un commerciante lametino, titolare di un’azienda di vendita all’ingrosso di abbigliamento che nel 2008 era sottoposta a procedura fallimentare, ha chiesto e ottenuto l’intervento di un esponente di vertice della cosca Giampà, allo scopo di far recedere coattivamente un creditore dall’azione legittimamente intrapresa per ottenere il pagamento del credito.

Il fornitore, intimorito dall’intervento mafioso, effettivamente ha rinunciato a proseguire nell’azione legale per evitare di subire atti ritorsivi, rimettendo forzatamente un credito presso il commerciante, pari a 140.000 euro. Oltre a quella somma, la vittima, come accertato dai finanzieri, ha conseguito ulteriori danni per 40.000 euro per la mancata detrazione fiscale e 11.200 euro relativi a somme di interesse precedentemente corrisposte a una banca a causa del mancato pagamento di merce del commerciante indagato. 

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE