Torquato Ciriaco
4 minuti per la letturaIl processo per l’omicidio dell’avvocato Torquato Ciriaco si chiude senza colpevoli, assolti, infatti, i presunti killer del legale ucciso l’1 marzo 2002
LAMEZIA TERME – Nessun colpevole per l’omicidio dell’avvocato Torquato Ciriaco. Dopo l’uscita di scena con un’assoluzione del presunto mandante, anche i presunti killer sono stati assolti nel processo d’appello bis. La Corte di Assise di Appello di Catanzaro, infatti, dopo l’annullamento con rinvio della condanna a trent’anni di reclusione dei fratelli di Curinga, Vincenzino e Giuseppe Fruci e di Francesco Michienzi (collaboratore di giustizia, ha assolto gli imputati “per non avere commesso il fatto”, mentre Il procuratore generala aveva chiesto la conferma della pena (30 anni) inflitta con la condanna poi annullata con rinvio dalla Cassazione (gli imputati sono stati difesi da Giuseppe Spinelli ed Anselmo Torchia per Vincenzino Fruci, Sergio Rotundo, Luca Cianferoni e Alice Massara per Giuseppe Fruci Giuseppe e Claudi Conidi legale di Michienzi).
A dicembre del 2022, la Cassazione dispose un nuovo processo in Corte d’appello, annullando con rinvio la sentenza di giugno 2021 della Corte d’assise d’appello di Catanzaro relativa all’omicidio dell’avvocato Torquato Ciriaco, per la quale avevano riportato la condanna (in primo grado erano stati tutti assolti) a trenta anni i fratelli Giuseppe e Vincenzino Fruci e a 7 anni e 4 mesi il collaboratore di giustizia Francesco Michienzi. A giugno 2021 (19 anni dopo il delitto “eccellente” ), come si ricorderà, la Corte d’assise d’appello ribaltò il verdetto di primo grado quando i quattro imputati erano stati tutti assolti.
In secondo grado, poi, per tre dei quattro imputati, la Corte d’assise d’appello, aveva condannato i fratelli Fruci, di 55 e 48 anni, di Curinga e il collaboratore di giustizia Francesco Michienzi, di Curinga, e assolto Tommaso Anello, 56 anni, ritenuto il boss di Francavilla Angitola (il pg aveva chiesto l’ergastolo per lui e i fratelli Fruci). I fratelli Fruci in appello erano stati anche condannati a risarcire i familiari di Ciriaco (moglie, figlie e fratelli) che si sono costituiti parte civile con gli avvocati Pietro e Gianfranco Agapito e Eugenio Battaglia.
Dopo l’assoluzione di settembre del 2017, il pm Luigi Maffia impugnò la sentenza di primo grado, emessa dal gup al termine del processo celebratosi con il rito abbreviato e al processo d’Appello il pg chiese e ottenne l’audizione anche della teste Angela Donato, madre di Santino Panzarella (scomparso a luglio 2002, 4 mesi dopo il delitto Ciriaco, il quale avrebbe avuto anche lui un ruolo nell’omicidio), che fin dal 2005 raccontò di aver visto in un capannone prima dell’omicidio una Fiat Uno bianca, come l’auto utilizzata dai sicari per l’omicidio, sospettando che alla guida dell’auto la sera del delitto ci fosse stato il figlio (Santino Panzarella, scomparso nel 2002) che fu seguito dalla madre dopo il delitto.
Come si ricorderà, l’avvocato Ciriaco fu ucciso nella tarda serata dell’1 marzo 2002 in località Calderaio di Maida quando una Fiat Uno bianca (poi ritrovata e risultata rubata a Reggio Calabria, ma anche una Lancia Thema, risultata rubata nel 1996 a Vibo ritrovata completamente bruciata in località Cutura di Feroleto Antico, era stata utilizzata per l’omicidio) con a bordo almeno due sicari affiancò il fuoristrada condotto dal professionista, trucidato con diversi colpi di fucile a pallettoni. La svolta alle indagini (che seguirono diverse piste tra cui anche quella dei lavori sull’autostrada) dodici anni dopo il delitto: oltre alle rivelazioni del collaboratore di giustizia Michienzi che aveva svelato la pianificazione dell’omicidio a cui lui stesso disse di aver preso parte (ma ora è stato assolto), l’accusa si era avvalsa poi anche della testimonianza di Angela Donato.
Secondo le accuse, sarebbe stato Anello a ordinare l’eliminazione dell’avvocato per l’acquisto di una cava di inerti poiché avrebbe voluto che finisse ad un imprenditore già sottoposto ad estorsione. Nella motivazioni della sentenza di condanna, i giudici di secondo grado avevano ritenuto che «il movente individuato nell’affare che riguardava l’azienda Edil Lo Russo e l’interesse della cosca nella vicenda, e l’effettiva e dimostrata esistenza di contatti con persone riconducibili alla cosca Anello nei giorni precedenti l’omicidio, contatti che si sono sostanziati in intimidazioni sia nei confronti dell’avvocato Ciriaco che nei confronti dell’imprenditore lametino Salvatore Mazzei, socio del Ciriaco e titolare della ditta che avrebbe dovuto inserirsi in tale affare».
I giudici di secondo grado avevano poi ritenuto credibili sia il narrato di Michienzi che quello della Donato. Ma la Cassazione ha poi rimesso tutto in discussione annullando con rinvio anche la condanna per il pentito Michienzi «a riprova di un impianto accusatorio irto di lacune e illogicità» secondo la difesa, ordinando quindi un processo d’appello bis che, ora, ha mandato tutti assolti.
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