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Giovambattista De Sarro

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Giovambattista De Sarro, ex rettore dell’Università Magna Graecia, coinvolto nell’operazione dello scorso gennaio, lascia gli arresti domiciliari


 Lascia gli arresti domiciliari, sostituiti con la sospensione dai pubblici uffici per nove mesi, Giovambattista De Sarro, di 70 anni, ex rettore dell’università “Magna Graecia” di Catanzaro, coinvolto nell’operazione denominata “Grecale” che il 15 gennaio scorso ha coinvolto 11 tra docenti e ricercatori dell’ateneo e alcuni veterinari in servizio nell’Azienda sanitaria provinciale.

OPERAZIONE GRECALE ALL’UNIVERSITÀ MAGNA GRAECIA


   A carico degli indagati il Gruppo di Catanzaro della Guardia di finanza ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal Gip di Catanzaro, su richiesta della Procura della Repubblica, in cui vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, corruzione, falso, truffa aggravata ai danni dello Stato e maltrattamento e uccisione di animali.


    Secondo l’accusa, in particolare, sarebbero state commesse sevizie su topi usati come cavie, alcuni dei quali uccisi senza anestesia, come prescrive la legge, spesso decapitati. Il tutto sarebbe avvenuto in laboratori scientifici caratterizzati da numerose criticità igieniche e ambientali. Una situazione non rilevata dai veterinari incaricati dei controlli in quanto nell’ateneo avrebbe regnato un “collaudato sistema illecito” che faceva sì che le ispezioni nei laboratori da parte dell’Asp fossero “pilotate” per ottenere l’attestazione di regolarità delle ricerche ed evitare così la revoca dei finanziamenti ministeriali, ammontanti a circa due milioni di euro.

SOSPENSIONE DAI PUBBLICI UFFICI PER L’EX RETTORE DE SARRO


   La rimessione in libertà del professore De Sarro è stata disposta dal Tribunale del riesame di Catanzaro, che, accogliendo l’istanza presentata dall’avvocato Maria Bonaddio, difensore del docente, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari ed applicato a suo carico la sospensione per nove mesi dai pubblici uffici. L’avvocato Bonaddio, nella sua istanza, aveva evidenziato, “la carenza di gravità indiziaria e l’insussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di inquinamento delle prove” per il suo assistito, sottolineando anche “diverse contraddizioni negli atti d’indagine rispetto alle imputazioni contestate”.

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