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La presidente della Corte d’Appello di Catanzaro all’apertura dell’anno giudiziario evidenzia carenza di personale e strutture inadeguate.
CATANZARO – Ancora molte le criticità che affliggono, oramai da decenni, il comparto della giustizia in Calabria. E a mettere in evidenza alcune delle difficoltà strutturali oltreché la preoccupante carenza di organico, è stata sabato mattina, 25 gennaio 2025, la presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, Concettina Epifanio, leggendo la relazione sull’amministrazione della giustizia (nel periodo che va dall’1 luglio 2023 al 30 giugno 2024), nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del distretto. Cerimonia – che in tutta Italia quest’anno è stata caratterizzata dalle proteste animate dall’Anm contro la riforma della giustizia che prevede la separazione delle carriere – durante la quale sono stati toccati tanti aspetti che determinano i gap del sistema giustizia italiano e, in particolar modo, di quello calabrese che, seppur con grandi difficoltà, ha conseguito eccellenti risultati.
Carenza dell’organico e lentezza dei processi sono alcuni dei punti deboli della giustizia nella nostra regione. «In questi miei 41 anni di magistratura il problema dei problemi permane, e si chiama lentezza dei processi, anche se su questo versante sono stati fatti in verità notevoli passi in avanti», ha evidenziato la presidente Epifanio.
ORGANICI SOTTODIMENSIONATI NEL DISTRETTO DI CATANZARO
«In tutti gli uffici gli organici sono sottodimensionati – ha proseguito – ma ce ne sono alcuni in cui non solo c’è stato un oggettivo sottodimensionamento, ma addirittura ci sono state delle scoperture incredibili. La Corte d’Appello di Catanzaro ha avuto in tutto il periodo una scopertura del 25% che per quanto riguarda il settore civile – quello che più ne ha risentito – significa una scopertura del 46% perché sono stati in servizio appena otto su 15 consiglieri. Naturalmente voi capite quale sforzo hanno dovuto fare le poche risorse disponibili per cercare di raggiungere gli obiettivi del Pnrr per cui tutti gli uffici italiani sono impegnati».
Problema strutturale, che affligge anche il Tribunale di Catanzaro. «È incredibile che un Tribunale distrettuale sia dotato di 54 giudici che devono rapportarsi con uffici di procura dotati di 80 pubblici ministeri. È una anomalia preoccupante in considerazione del fatto che altri Tribunali distrettuali del sud Italia hanno un rapporto giudici pm sempre a favore dei giudici. Ciò significa sottoporre i colleghi ad uno sforzo che non è più emergenziale ma è diventato strutturale e che non si può reggere a lungo». Ma nonostante i grossi carichi di lavoro, «la “barca” non è affondata in nessun ufficio del distretto, i risultati sono stati eccellenti: io dico che veramente il distretto può essere orgoglioso perché ha dato una risposta come meglio non si poteva dare alle condizioni date».
IL PROBLEMA STRUTTURALE CHE AFFLIGGE L’INTERO DISTRETTO DI CATANZARO NELLA RELAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO
Altro tasto dolente toccato, è stato quello della carenza strutturale, in particolar modo quello delle sedi giudiziarie dove celebrare, ad esempio i maxiprocessi che vedono un importate numero di imputati. Come nel caso dell’appello di “Rinascita-Scott” (237 imoutati) o i processi “Recovery” (175) e “Reset”, che rischiano di essere svolti in altra sede e a molti chilometri di distanza: «Un problema grave che negli ultimi tempi si è acuito. Queste situazioni negli ultimi mesi hanno rischiato di incrinare la serenità dei rapporti tra giudici e avvocati.
«Vi confesso – ha concluso la presidente – che mi sento solidale con gli avvocati per le difficoltà e i disagi che lo spostamento dei processi dalle sedi “naturali” inevitabilmente comporta; ma posso dire che mi sento ugualmente solidale con i cancellieri e i giudici “naturali” chiamati a trattare questi processi, costretti anch’essi a trasferte non desiderate». La relazione della presidente della Corte d’appello di Catanzaro, non manca di evidenziare l’alto indice di occupazione criminale (Ioc) che caratterizza significativamente tutti i circondari, raggiungendo picchi sconcertanti in quello di Crotone e Vibo Valentia.
LA PRESENZA DELLA ‘NDRANGHETA A VIBO VALENTIA
Soltanto a Vibo Valentia, «nell’anno 2018 era pari a 65,3 il più alto tra le quattro province del distretto di Catanzaro, mentre la media nazionale è pari a 29,1». Difatti, «dai dati pubblicati nell’ultima relazione della Commissione parlamentare antimafia emerge come la provincia di Vibo Valentia sia purtroppo al vertice della classifica nazionale riguardante il tasso di infiltrazione nell’economia riferita al numero di interdittive antimafia ogni 1. 000 abitanti con la media nazionale pari a 3,3, mentre Vibo Valentia è pari a 86,4 (con un valore che tanto per far capire è doppio rispetto a quello di Reggio Calabria – 40,3 – che segue Vibo Valentia in questa desolante classifica). Dunque non paragonabile a quella di nessun’altra provincia italiana.
Il problema è sempre «la presenza asfissiante della malavita organizzata di stampo ‘ndranghetistico con le storiche cosche e famiglie in lotta, di generazione in generazione, contro gli apparati dello Stato per il controllo del territorio, ostacolandone la crescita sul piano economico e incidendo negativamente anche sulla qualità di vita della popolazione, genera un susseguirsi di indagini procedimenti e processi che sovente coinvolgono centinaia di indagati e imputati e che richiedono un impegno davvero straordinario da parte delle forze dell’ordine e dei magistrati».
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