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Il pm Cardarelli ha chiesto la condanna all’ergastolo per Antonio Davoli accusato di essere l’autore del duplice omicidio di Giovanni Torcasio e Cristian Matarasso
LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Ergastolo. Questa la richiesta del pm Caldarelli ai giudici della Corte d’Assise di Catanzaro nei confronti di Antonio Davoli, 56 anni. L’uomo è ritenuto il killer di Giovanni Torcasio (allora capo dell’omonima cosca) e Cristian Matarasso uccisi il 29 settembre 2000. Dopo la requisitoria e la richiesta del pm al termine del dibattimento in cuila corte ha sentito i principali accusatori di Davoli, i collaboratori di giustizia Gennaro Pulice e Angelo Torcasio, ha preso la parola l’avvocato Renzo Andricciola, difensore di Davoli, il quale ha contestato punto per punto le dichiarazioni dei due pentiti.
Il processo è ora rinviato al 5 novembre prossimo per la discussione finale del codifensore di Davoli, l’avvocato Salvatore Staiano. A gennaio scorso, per questo duplice delitto, in primo grado con il rito abbreviato il gup ha inflitto due condanne a 30 anni di carcere (il pm Chiara Bonfadini aveva chiesto due ergastoli a dicembre 2023), nei confronti di Domenico “Mimmo” Cannizzaro, 57 anni, e Pietro Iannazzo, 48 anni, il primo ritenuto uno dei mandanti del duplice omicidio e il secondo accusato di essere stato alla guida della moto con a bordo il killer.
LA SVOLTA NELLE INDAGINI
Venti anni dopo ( a ottobre 2020) il duplice omicidio (che avrebbe dato il via alla guerra di mafia che contò decine di morti fra le cosche contrapposte), la svolta alle indagini grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: Gennaro Pulice, indagato nello stesso omicidio per aver avuto un ruolo, Pasquale Giampà, Giuseppe Giampà e Angelo Torcasio.
Vincenzino Iannazzo, il “moretto” (poi deceduto) e Domenico Cannizzaro, “Mimmo”, sarebbero i presunti mandanti. Pietro Iannazzo, secondo l’accusa, era alla guida della moto di grossa cilindrata utilizzata per l’agguato e Antonio Davoli, a bordo della moto, l’esecutore materiale.
Il movente dell’agguato sarebbe legato a una “resa dei conti” (da qui il nome dell’operazione che portò all’arresto dei quattro a ottobre del 2020) cioè a una vendetta di Cannizzaro e degli Iannazzo contro Giovanni Torcasio, poiché la volontà delle cosche confederate Iannazzo e Cannizzaro sarebbe stata quella di vendicare gli omicidi del padre di Pietro Iannazzo (Francesco, ucciso nel 1992 in località Bellafemmina di Sant’Eufemia Lamezia) e di Domenico Cannizzaro (Giuseppe, ucciso nel 1998 nel piazzale di un distributore di benzina in località Bellafemmina di Sant’Eufemia Lamezia) e al contempo, prevenire ulteriori azioni omicidiarie ai loro danni, desunti dal tentativo, all’epoca, di Giovanni Torcasio (uscito dal carcere due mesi prima dell’agguato) di rinforzarsi attraverso la ricerca di nuovi alleati.
LA RICOSTRUZIONE DEL DUPLICE OMICIDIO TORCASIO-MATARASSO
Quella mattina di fine estate del 2000, una Punto cabrio grigia con a bordo Giovanni Torcasio e con alla guida Cristian Matarasso (che si trovò quella mattina al posto sbagliato nel momento sbagliato) appena imboccò via dei Bizantini (quartiere Capizzaglie, feudo della cosca Torcasio) venne inseguita da una moto grossa cilindrata (Yamaha Rl, risultata rubata, poi ritrovata in via dei patrioti sambiasini). Alla guida della moto secondo l’accusa c’era Pietro Iannazzo dalla quale, mediante due pistole marca Tanfoglio, calibro 9×21, il killer esplose numerosi colpi di arma da fuoco all’indirizzo della Punto Cabrio. L’arma usata dal killer rimase sul posto. L’inseguimento si concluse poco prima del bivio di località Carrà Cosentino, allorché la macchina arrestava la sua corsa in quanto l’autista, Matarasso, rimaneva ucciso all’istante, mentre il passeggero Torcasio giungeva cadavere all’ospedale. Un duplice omicidio che scatenò una mattanza.
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