Il tribunale di Catanzaro
3 minuti per la letturaPena ridotta in appello per Giuseppe Guadagnuolo, che nell’ottobre 2019 uccise per gelosia l’agente penitenziario in pensione Angelo Pino, nuovo compagno della sua ex moglie
LAMEZIA TERME – Ha rischiato l’ergastolo per come aveva chiesto il pm in primo grado, a giugno 2022 ha lasciato pure il carcere andando ai domiciliari e ora in appello gli è stata pure ridotta la pena: dai 18 anni in primo grado (grazie alla concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti) ai 17 anni e 3 mesi su decisione della Corte d’Appello di Catanzaro (presidente Capitò; a latere Commodaro) che ha rideterminato la pena accogliendo la tesi dell’avvocato Antonio Larussa, che aveva impugnato la sentenza di primo grado, per il quale il reato di ricettazione dell’arma era prescritto, mentre il sostituto procuratore generale, Luigi Maffia, aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado emessa dalla Corte d’Assise di Catanzaro il 24 maggio 2022 non mancando di sottolineare il grande assente in questo processo d’appello, la Procura della Repubblica di Lamezia che non ha impugnato la sentenza di primo grado nei confronti di Giuseppe Guadagnuolo, 59 anni, killer per gelosia (reo confesso), venditore ambulante di patate.
Giuseppe Guadagnuolo (difeso dall’avvocato Antonio Larussa), confessò di aver ucciso nella tarda serata del 20 ottobre 2019 davanti la chiesa della Madonna delle Grazie, Angelo Pino, 52 anni, agente penitenziario in pensione, che pagò con la vita la relazione sentimentale intrapresa con la ex moglie di Guadagnuolo, Iolanda Vescio, anch’ella imputata per la ricettazione e la detenzione dell’ arma utilizzata per l’omicidio ma poi assolta (il pm aveva chiesto 1 anno e 6 mesi). Guadagnuolo prima del verdetto di primo grado rilasciò dichiarazioni spontanee chiedendo scusa ai familiari della vittima costituitisi parte civile.
Come si ricorderà, Guadagnuolo confessò il delitto ai carabinieri, dichiarando anche che la sua ex moglie lo aveva denunciato ai carabinieri il 14 ottobre 2019 (oltre che per l’omicidio e la detenzione dell’arma era accusato anche di stalking) sei giorni prima dell’omicidio, perchè si era accorta che lui da tempo la seguiva non accettando la separazione.
L’omicida confessò dopo essere stato incastrato dalle immagini delle telecamere private di videosorveglianza (che ripresero il percorso dell’auto della vittima e dell’omicida che seguiva il suo “obiettivo”) dalle impronte digitali rilevate dai carabinieri sul finestrino lato guida della Fiat Sedici della vittima, da una intercettazione ambientale in cui l’assassino di Pino parla con la figlia nella sala d’attesa della compagnia dei carabinieri in attesa di essere interrogato in cui ammette alla figlia di aver compiuto l’omicidio.
Guadagnuolo portò anche i carabinieri sul luogo dove aveva abbandonato la pistola (contrada Elemosina) e i vestiti indossati durante il delitto che l’omicida bruciò. Il killer per gelosia raccontò tutti i particolari della serata di sabato 20 ottobre 2019 conclusasi con l’omicidio.
Guadagnuolo riferì ai carabinieri che quella sera era andato a caccia (armato) della ex moglie e di Pino, andando a Falerna e in località “pesce e anguille” di Gizzeria. Tornando a Lamezia, transitando con la sua Hyunday Atos casualmente in via Settembrini vide l’auto della ex in sosta vicino la caserma dei carabinieri di Sambiase. Si appostò fino a quando notò la ex moglie scendere dall’auto della vittima e da qui seguire Angelo Pino fino all’azione di morte, sparando 3 colpi di pistola contro la vittima freddata al posto di guida della sua Fiat Sedici.
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