L’impianto di compostaggio di Cotronei
3 minuti per la letturaCOTRONEI (CROTONE) – C’era un sistema di pizzini dietro la sistematica falsificazione dei formulari di identificazione dei rifiuti che venivano conferiti presso l’impianto Ecorec di Cotronei, uno dei tre su cui hanno messo i sigilli i carabinieri del Noe nell’ambito dell’operazione Fangopoli, con cui la Dda di Catanzaro avrebbe sgominato un traffico illecito di rifiuti tra due province. Un sistema di pizzini che dimostrerebbe come la condotta del crotonese Andrea Pariano, amministratore unico di Ecorec, si modellasse alle direttive impartite dall’indagato chiave Gioacchino Rutigliano, amministratore di fatto della G&D Ecologica spa con sede a Curinga. G&D trasportava carichi provenienti dal Comune di Scicli, ricevuti con appalto pubblico, presso l’impianto di Cotronei, autorizzato alla messa in riserva, smaltimento e recupero di rifiuti biodegradabili.
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Il peso dei rifiuti, però, diveniva un «orpello modificabile a piacimento», scrive il gip distrettuale di Catanzaro Gabriella Pede nel pronunciarsi sulle misure cautelari per una ventina di indagati in accoglimento delle richieste delle pm della Dda Chiara Bonfadini e Marica Brucci. Il capitolato d’appalto prevedeva, infatti, che il pagamento fosse effettuato in base al peso che veniva generalmente indicato da Rutigliano, o dalla sua dipendente Antonietta Vescio, lametina, su foglietti o pizzini destinati a Pariano, incaricato di mettere a posto le carte in vista dei controlli. Dall’ascolto delle intercettazioni e dalle rilevazioni Gps sui mezzi di trasporto utilizzati dalle ditte, sarebbe venuto fuori che gli indagati falsificavano numerosissimi Fir, in quanto i veicoli nelle date e negli orari indicati non avevano mai fatto ingresso all’interno dell’impianto di Cotronei, a dispetto di quanto annotato. Inoltre, i mezzi non avevano subito alcun guasto tecnico per rallentare lo scarico, diversamente da quanto attestato.
Rutigliano avrebbe così potuto operare come gestore abusivo dei rifiuti, stoccandoli ben oltre le 48 ore presso i piazzali della G&D. Rutigliano, alle spalle della collettività, avrebbe così ottimizzato le sue risorse lucrando grazie al fatto che Pariano incamerava un numero di rifiuti nettamente superiore rispetto a quanto consentito a fronte di un impianto inidoneo a riceverli. Ricordiamo che Ecorec avrebbe gestito quantitativi di rifiuti di gran lunga al di sopra di quanto autorizzato – 2800 tonnellate annue. Quantitativi che l’impianto di Cotronei, per la sua peculiare tipologia di attività, il trattamento dei rifiuti mediante lombri-compostaggio (cioè in modo naturale attraverso la fermentazione ed alimentazione di lombrichi), non sarebbe assolutamente in grado di smaltire. Soltanto nel 2020 i rifiuti biodegradabili di cucine e mense conferiti superavano le 4mila tonnellate, mentre nel 2021 erano oltre 6700 tonnellate.
Quando le indagini si erano pressoché concluse, i titolari dei tre impianti che sarebbero stati poi sequestrati – la G&D Ecologica spa di Curinga, la Costruzioni Bova srl di Amaroni e la Ecorec srl di Cotronei – ovvero Gioacchino Rutigliano, Paolo Bova e Andrea Pariano, erano in piena operatività. Il mercato di Rutigliano peraltro era in piena espansione tant’è che lui pensava alla necessità di investire denaro in Regno Unito per eludere ogni forma di controllo sul territorio. Attraverso gli ingenti guadagni, tali da “fargli crescere i capelli”, come diceva nelle intercettazioni, questi sarebbe stato in grado di presentarsi a numerose procedure di gara offrendo «prezzi stracciati», rileva sempre il gip, e frodando la pubblica amministrazione.
E ancora: «Tutte le attività sopra descritte sono organizzate in modo professionale e continuativo: tanto le società dei fratelli Bova quanto quelle di Rutigliano e Pariano dispongono di impianti e mezzi di trasporti con le correlate autorizzazioni ambientali. La gestione abusiva concerneva non ingenti ma ingentissimi quantitativi di rifiuti». Ecco perché gli indagati andavano fermati, con arresti e sequestri.
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