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Uno degli impianti sequestrati nell'ambito dell'operazione Fangopoli

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I dettagli dell’operazione Fangopoli che ha svelato un vero e proprio “mercato” pericoloso anche di materia radioattiva

CATANZARO – «Stasera si forma una laguna, qui… una porcheria radioattiva». La “laguna” si formava, forse, perché il peso dei rifiuti diveniva un orpello modificabile a piacimento, per risparmiare sui costi dei trasporti. E così la monnezza poteva anche venire interrata o bruciata.

Ma quella durante la quale si parla di “porcheria radioattiva” è soltanto una delle conversazioni intercettate nell’operazione Fangopoli dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Catanzaro, che, con il supporto dei loro colleghi dei Comandi provinciali di Catanzaro, Vibo Valentia, Crotone, Matera e Siracusa e dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare personale emessa dal gip Gabrielle Pede su richiesta dei pm della Dda Chiara Bonfadini e Marica Brucci, nei confronti di 20 persone accusate, a vario titolo, di un traffico illecito di rifiuti tra le province di Catanzaro e Crotone.

Sei indagati sono finiti agli arresti domiciliari, dieci sono stati sottoposti a obbligo di dimora e quattro al divieto temporaneo di esercitare attività di impresa nel settore ambientale e a ricoprire qualunque carica all’interno delle società del comparto; ma ci sono anche tre indagati a piede libero.

OPERAZIONE FANGOPOLI, MATERIA TOSSICA E RADIOATTIVA SEPOLTA SENZA CONTROLLI

Contestualmente, è scattato il sequestro preventivo, per un valore di circa quattro milioni di euro, di un complesso immobiliare a destinazione industriale di una società con sede a Curinga (Catanzaro), la G&D Ecologica spa, di due impianti di recupero e trattamento rifiuti riconducibili a Costruzioni Bova srl e alla Ecorec srl rispettivamente ubicate ad Amaroni (Catanzaro) e Cotronei (Crotone), e di 17 automezzi. Le società sarebbero risultate completamente asservite al traffico di rifiuti.

Operazione “Fangopoli”, l’hanno chiamata, non a caso. Inequivocabili, ad avviso degli inquirenti, alcuni brani captati nel corso delle intercettazioni. «Hanno scaricato i fanghi per pulire le vasche, hanno tappato i tombini e ora l’acqua non se ne va». «Quelli di Battipaglia li devi togliere, più fetore possibile, ci devi mettere tutti i fanghi possibili e immaginabili».

La complessa attività di indagine, coordinata dalla Dda, scaturisce dalle attività del comparto centrale dei Carabinieri Tutela dell’Ambiente e della Transizione Ecologica volte a individuare, nel settore ambientale, eventuali ingerenze nei flussi di investimento pubblico previsti dalla missione 2 del Pnrr. Quelle relative alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica. I traffici sarebbero riconducibili, dunque, a tre società della provincia di Catanzaro e di Crotone, dedite al trasporto di rifiuti della frazione organica provenienti dalla raccolta differenziata di comuni calabresi e siciliani.

Parliamo di fanghi da depurazione accumulati in impianti comunali calabresi ma anche di altre tipologie di rifiuti, compresi materiali misti prodotti dal trattamento meccanico, e del successivo stoccaggio. Allo scopo di ridurre il numero dei trasporti verso gli impianti di destinazione finale, sarebbero stati caricati fino alla massima capienza gli automezzi, anche miscelando tipologie di rifiuto diverso. La presunta organizzazione mirava così ad abbattere i costi connessi al servizio. Ma sono emersi anche episodi di interramento di rifiuti e, in un caso, l’illecita combustione.

LE STRUTTURE USATE PER IL TRAFFICO DI RIFIUTI E I SEQUESTRI

I tre impianti di gestione dei rifiuti, presso i quali si è riscontrato lo smaltimento di rifiuti mediante combustione e sversamento in corsi d’acqua superficiali, sono stati, dunque, sequestrati. Nei reticoli societari ci sono anche politici locali: Giuseppe Frija, amministratore unico di G&D, è un ex assessore del Comune di Curinga; Giuseppe Russo, capogruppo di Azione in consiglio comunale a Vibo, è direttore tecnico.

Dall’analisi di conversazioni del genere di quelle richiamate sopra è stato possibile, tra l’altro, accertare la falsità dei Fir (formulario di identificazione dei rifiuti). Ciò avveniva, secondo la ricostruzione, in alcuni casi, anche con un sistema di pizzini. Per esempio, G&D trasportava carichi provenienti da Scicli, ricevuti con apposito appalto pubblico, presso Ecorec, autorizzata alla messa in riserva e scarico di rifiuti biodegradabili.

Il capitolato prevedeva che il pagamento avvenisse in base al peso. Il peso lo indicava generalmente l’indagato Gioacchino Rutigliano, di Curinga, amministratore di fatto di G&D anche se era assunto come responsabile per il marketing, su foglietti indirizzati ad Andrea Pariano, amministratore di Ecorec, incaricato di sistemare le carte in vista dei controlli. Gli indagati ottimizzavano così le risorse, ai danni della salute e delle risorse della collettività. Il gip parla di «spregiudicata gestione illecita nel settore dei rifiuti» da parte di Rutigliano che, offrendo «prezzi stracciati», sarebbe riuscito ad aggiudicarsi numerose gare d’appalto frodando la pubblica amministrazione.

Sugli amministratori delle tre società sequestrate il gip osserva che non subiscono neanche l’«effetto intimidatorio» dell’autorità giudiziaria poiché, allo scopo di lucrare quanto più possibile, nonostante alcuni sequestri, avrebbero continuato ad imbastire nuovi accorgimenti per aggirare le normative di settore.

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