La corte d'Appello di Catanzaro
2 minuti per la letturaRidimensionata in parte la confisca beni a carico del clan Torcasio di Lamezia, la corte d’Appello svincola dei beni ma conferma per il resto
LAMEZIA TERME – Per alcuni il ricorso è stato accolto, per altri la confisca dei beni è stata confermata. Questa la decisione della Corte d’Appello di Catanzaro (presidente Fabrizio Cosentino; consiglieri Carlo Fontanazza e Domenico Commodaro) nei confronti di undici persone coinvolte nell’operazione “Alesia” che riguardò a ottobre 2018 il sequestro e a febbraio 2021 la confisca di beni nei confronti della cosca “Cerra – Torcasio – Gualtieri” (già colpita con le operazioni Chimera e Crisalide) avviate nel 2017 e durate oltre un anno e mezzo.
La Corte d’Appello ha revocato la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza che era stata applicata nei confronti di Angelina Torcasio e Antonia Gualtieri; ha revocato la confisca di un fabbricato nel Comune di Borgo San Lorenzo (FI) intestato a Arianna Deodato (moglie di Vincenzo Torcasio), un deposito a risparmio e relative somme giacenti oltre a un buono postale fruttifero intestati a Antonia Gualtieri tranne il versamento della somma di 5.587,53 euro che resta in sequestro; revocata anche la confisca della somma di euro 1.994,98 giacente su un conto corrente postale intestato a Rita
Torcasio.
Per il resto la Corte d’Appello ha confermato il decreto (compresa la sorveglianza speciale) appellato nei confronti di Teresina Cerra, Pasquale Torcasio, Giovanni Torcasio, Vincenzo Torcasio, Antonio Gualtieri e Teresa Torcasio i quali venivano sottoposti alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, nonché alla misura di prevenzione patrimoniale della confisca, poiché ritenuti portatori di pericolosità sociale e non avendo offerto prova, con riferimento al provvedimento di sequestro dei beni, della legittima provenienza dei beni loro riconducibili, in relazione ai quali emergeva una evidente sperequazione tra fonti ed impieghi.
La confisca, come si ricorderà, seguì il sequestro che era stato ordinato dalla Dda e eseguito dal Gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia, all’epoca diretto dal tenente colonnello Clemente Crisci. Il Gruppo della Finanza di Lamezia si era infatti occupato delle indagini patrimoniali che riguardarono il sequestro dei beni nei confronti della cosca “Cerra – Torcasio – Gualtieri”. I finanzieri, coordinati dal procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri e dall’aggiunto Capomolla, eseguirono il decreto di confisca emesso dal Tribunale di Catanzaro – seconda sezione penale – su richiesta del procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro – di confisca di prevenzione di numerosi beni appartenenti ai vertici della cosca di ‘ndrangheta “Cerra-Torcasio-Gualtieri”, contestualmente all’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza nei confronti di 13 persone.
La confisca interessò beni riconducibili ai vertici del sodalizio di ‘ndrangheta, tra cui il defunto Nino Cerra, storico boss, (deceduto in stato di detenzione nell’ottobre 2020), e la sorella Teresina, ritenuta co-reggente della cosca, nonché quelli dei loro figli, generi, nuore e/o nipoti.
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