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Secondo ergastolo per il killer di Lamezia Terme, Marco Gallo condannato anche in appello per il delitto Mezzatesta

LAMEZIA TERME – Secondo ergastolo in appello (il terzo complessivamente mentre per un quarto delitto è stato condannato a 30 anni) inflitto a Marco Gallo, 37 anni, di Lamezia. L’uomo, perito elettrotecnico, ritenuto un insospettabile (ma ora un killer seriale), almeno fino a luglio del 2017 quando è finito in carcere per uno dei quattro omicidi distinti di cui è accusato (oltre che di un tentato omicidio).

A Gallo, dopo l’ergastolo in primo grado a luglio 2021, la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro (presidente Fabrizio Cosentino) ha confermato il carcere a vita poiché avrebbe ucciso anche il dipendente delle ferrovie della Calabria Gregorio Mezzatesta. Il killer avrebbe ucciso Mezzatesta a Soveria Mannelli, freddato in auto a giugno del 2017 a Catanzaro davanti l’ingresso della sede di Ferrovie della Calabria. La vittima sarebbe stata uccisa per una vendetta trasversale secondo le tesi dell’accusa (Gallo dovrà risarcire pure le parti civili, moglie e figlie della vittima).

OMICIDIO MEZZATESTA, ERGASTOLO A MARCO GALLO

Mezzatesta sarebbe stato ucciso per una vendetta trasversale. Sarebbe morto infatti in quanto fratello di Domenico, condannato a 20 anni per il duplice delitto del bar del Reventino di Decollatura avvenuto a gennaio 2013. In quell’occasione Domenico Mezzatesta (con il concorso del figlio Giovanni) uccise i due giovani lametini Francesco Iannazzo e Giovanni Vescio. Gallo, a novembre 2022, solo per uno dei quattro omicidio di cui è accusato (quello dell’imprenditore edile di Lamezia, Domenico Maria Gigliotti, ucciso e bruciato a gennaio del 2015), ha evitato l’ergastolo essendo stato condannato in primo grado dal gup di Lamezia con l’abbreviato a 30 anni di carcere.

LA CONDANNA PER L’OMICIDIO DELL’AVVOCATO PAGLIUSO

Gallo in primo grado è stato condannato all’ergastolo anche per l’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso. Il processo d’appello è in dirittura d’arrivo. L’avvocato freddato in auto nella tarda serata del 9 agosto 2016 nel giardino della sua abitazione di via Marconi a Lamezia. Allo stesso Gallo, è stato confermato (maggio 2022) l’ergastolo in appello per l’omicidio del fruttivendolo Francesco Berlingieri di gennaio 2017. Ma oltre che per quattro omicidi Gallo è accusato anche del tentato omicidio di Renato Berlingieri, 47 anni. Episodio verificatosi la sera del 22 febbraio 2017 in via Cerasuolo, un mese dopo l’omicidio del fruttivendolo.

Tra l’altro Gallo è imputato anche al processo “Reventinum” scaturito dall’omonima operazione della Dda contro il “gruppo della montagna” capeggiato dagli Scalise. Processo che vede alla sbarra anche Pino e Luciano Scalise, padre e figlio, tutti accusati di associazione mafiosa, estorsioni e Gallo (al quale l’8 marzo scorso il pm ha chiesto 20 anni di carcere) anche di intestazione fittizia di beni. I due Scalise sono stati condannati in primo grado all’ergastolo in quanto mandanti dell’omicidio Pagliuso, avrebbero cioè ordinato a Gallo di uccidere l’avvocato a Lamezia. Gli omicidi di Gregorio Mezzatesta e dell’avvocato Francesco Pagliuso sarebbero collegati fra loro. In particolare sarebbero rientranti in una faida fra Domenico Mezzatesta e gli Scalise. Pagliuso avrebbe pagato con la vita i contrasti fra i gruppi dei Mezzatesta e degli Scalise e anche la difesa al processo di Domenico e Giovanni Mezzatesta.

I RAPPORTI TRA GREGORIO MEZZATESTA E L’AVVOCATO PAGLIUSO

Gregorio Mezzatesta, secondo quanto emerso dalle indagini, era un amico dell’avvocato Pagliuso. I due omicidi farebbero parte di una spirale che si è dipanata partendo dal duplice omicidio Vescio–Iannazzo. I due furono uccisi da Domenico Mezzatesta (fratello di Gregorio, che per gli inquirenti pagò con la vita le colpe del fratello) passando poi per gli omicidi di Daniele Scalise e Luigi Aiello. Gallo – per il delitto del dipendente delle Ferrovie della Calabria –  fu poi individuato dai carabinieri grazie al «pedinamento elettronico». Con questa tecnica si ricostruì il tragitto della moto del killer – che seguì la vittima – fino a San Pietro Apostolo e successivamente a Tiriolo. Qui la moto con a bordo il killer iniziava il pedinamento all’auto con a bordo la vittima fino in via Milano a Catanzaro luogo del delitto.

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