Antonio Albi
2 minuti per la letturaLAMEZIA TERME – Antonio Albi è candidabile, per Francesco Cardamone invece la richiesta di incandidabilità è stata accolta. Questa la decisione del tribunale di Lamezia nei confronti di Albi, sindaco, all’epoca dei fatti, di Nocera Terinese e di Cardamone, vicesindaco di Nocera Terinese, quest’ultimo finito agli arresti domiciliari a maggio 2021 nell’ambito dell’operazione antimafia Alibante. Un’inchiesta che ad agosto del 2021 determinò, di fatto, lo scioglimento del consiglio comunale di Nocera Terinese per infiltrazioni mafiose.
Per l’allora sindaco Albi, dunque (che pochi giorni dopo l’inchiesta, da cui era estraneo, si dimise interrompendo il suo mandato durato due anni) il tribunale di Lamezia Terme ha rigettato la richiesta avanzata dal Ministero dell’Interno per dichiarare l’incandidabilità dell’ex sindaco di Nocera Terinese. Accogliendo la linea difensiva dell’avvocato Antonello Sdanganelli, il tribunale ha ritenuto l’allora sindaco, ingegnere Antonio Albi, estraneo a tutte le vicende che hanno determinato lo scioglimento del Consiglio Comunale di Nocera Terinese del 31 agosto 2021 (LEGGI).
Antonio Albi ha espresso piena soddisfazione per l’esito del giudizio. Esito diverso, invece, per l’allora vicesindaco di Nocera Terinese (in carica fino al giorno dell’arresto del 3 maggio 2021) nonché carabiniere Francesco Cardamone, 41 anni (che finì ai domiciliari), appuntato scelto dell’arma dei carabinieri, già in servizio alla stazione Carabinieri di Lamezia Terme scalo, accusato nell’inchiesta Alibante di «essere venuto a conoscenza delle attività di indagine condotte dal Nucleo investigativo Carabinieri del Gruppo di Lamezia Terme e di aver rivelato notizie che dovevano rimanere segrete a taluni soggetti, ovvero ne agevolava la conoscenza, soggetti che, successivamente, le veicolavano, tramite alcuni sodali della cosca , direttamente al capo cosca Bagalà Carmelo (con il quale, tra l’altro, Cardamone è anche legato da rapporti di parentela)».
Cardamone figura anche fra le 31 persone rinviate a giudizio (su 43 indagati complessivi) coinvolte nell’inchiesta “Alibante”, scattata a maggio 2021 nei confronti di 19 persone (8 in carcere, 9 ai domiciliari e 2 raggiunti da una interdittiva) ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione, estorsione, consumata e tentata, intestazione fittizia di beni, rivelazione di segreti d’ufficio e turbativa d’asta.
Come si ricorderà, le indagini sono state avviate a seguito della presentazione, da parte di imprenditori lametini, di denunce relative a estorsioni poste in essere da appartenenti alla cosca capeggiata da Carmelo Bagalà, 83 anni, operante sulla zona costiera compresa tra i comuni di Nocera Terinese e Falerna.
Nel corso delle indagini sono emersi, altresì, rapporti illeciti tra la cosca ed alcuni esponenti delle amministrazioni comunali di Falerna e Nocera Terinese (tra cui gli ex sindaci dei due comuni, Costanzo e Ferlaino) con capacità di influenza su processi decisionali, amministrativi ed elettivi.
Dalle indagini sarebbe emerso pure il condizionamento sulle elezioni del sindaco di Nocera Terinese nel corso delle comunali del 2018 quando fu eletto Massimo Pandolfo (predecessore di Albi) che due mesi dopo si dimise.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA