Il luogo dell'omicidio
2 minuti per la letturaLAMEZIA TERME (CATANZARO) – Il pm Emanuele Costa aveva chiesto l’ergastolo, ma gli sono state concesse le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti per cui è stato condannato a 18 anni di carcere e al pagamento delle parti civili (rigettata, invece, la richiesta di provvisionale).
Questa la sentenza di primo grado pronunciata dalla Corte d’Assise di Catanzaro nei confronti di Giuseppe Guadagnuolo, 58 anni, venditore ambulante di patate (difeso dall’avvocato Antonio Larussa) il quale confessò di aver ucciso nella tarda serata del 20 ottobre 2019 davanti la chiesa della Madonna delle Grazie, Angelo Pino, 52 anni, agente penitenziario in pensione, che pagò con la vita la relazione sentimentale intrapresa con la ex moglie di Guadagnuolo, Iolanda Vescio (difesa dall’avvocato Raffaele Mastroianni) anch’ella imputata per la ricettazione e la detenzione dell’ arma utilizzata per l’omicidio e assolta (il pm aveva chiesto 1 anno e 6 mesi).
Prima della richiesta del carcere a vita nei suoi confronti del pm, all’udienza del 13 maggio scorso, Guadaguolo aveva rilasciato dichiarazioni spontanee chiedendo scusa ai familiari della vittima che si sono costitiuiti parte civile con l’avvocato Renzo Andricciola. Come si ricorderà, Guadagnuolo confessò il delitto, dichiarando anche che la sua ex moglie lo aveva denunciato ai carabinieri il 14 ottobre 2019 (oltre che per l’omicidio e la detenzione dell’arma era accusato anche di stalking) sei giorni prima dell’omicidio, perchè si era accorta che lui da tempo la seguiva non accettando la separazione.
L’omicida confessò dopo essere stato incastrato dalle immagini delle telecamere private di videosorveglianza (che ripresero il percorso dell’auto della vittima e dell’omicida che seguiva il suo “obiettivo”) dalle impronte digitali rilevate dai carabinieri sul finestrino lato guida della Fiat Sedici della vittima, da una intercettazione ambientale in cui l’assassino di Pino parla con la figlia nella sala d’attesa della compagnia dei carabinieri in attesa di essere interrogato in cui ammette alla figlia di aver compiuto l’omicidio. Guadagnuolo portò anche i carabinieri sul luogo dove aveva abbandonato la pistola (contrada Elemosina) e i vestiti indossati durante il delitto che l’omicida bruciò.
Il killer per gelosia raccontò tutti i particolari della serata di sabato 20 ottobre 2019 conclusasi con l’omicidio. Guadagnuolo riferì ai carabinieri che quella sera era andato a caccia (armato) della ex moglie e di Pino, andando a Falerna e in località “pesce e anguille” di Gizzeria.
Tornando a Lamezia, transitando con la sua Hyunday Atos casualmente in via Settembrini vide l’auto della ex in sosta vicino la caserma dei carabinieri di Sambiase. Si appostò fino a quando notò la ex moglie scendere dall’auto della vittima e da qui seguire Angelo Pino fino all’azione di morte, sparando 3 colpi di pistola contro la vittima freddata al posto di guida.
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