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Mimmo Tallini

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CATANZARO – «Le risultanze processuali passate in rassegna non hanno dimostrato che il Tallini sapesse del contesto criminale di appartenenza dello Scozzafava e del suo rapporto di intraneità con i Grande Aracri». E non ci sono «elementi univoci» in grado di dimostrare «una certa consapevolezza» da parte dell’ex assessore regionale (ed ex presidente del consiglio regionale) Domenico Tallini circa il «possibile collegamento» della cosca Grande Aracri di Cutro tra le persone che incontrava per discutere di voti, compreso il suo factotum Domenico Scozzafava, e il progetto del consorzio farmaceutico riconducibile al clan.

Si conoscono i motivi per cui, nel febbraio scorso, il politico catanzarese è stato assolto da accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico-mafioso. E’ il dato che più balza all’attenzione fra le 14 condanne e le sei assoluzioni disposte dal gup distrettuale di Catanzaro Barbara Saccà a conclusione del primo grado del processo scaturito dall’inchiesta che nel novembre 2020 portò all’operazione Farmabusiness, con cui la Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri riteneva di aver dimostrato che il clan sarebbe stato in grado di infiltrarsi in maniera sofisticata nel redditizio mercato farmaceutico grazie all’appoggio di Tallini ai tempi in cui era assessore regionale al Personale. Per lui, «il fatto non sussiste», ha sentenziato il gup, a fronte di una richiesta di condanna a 7 anni e 8 mesi di reclusione formulata dal pm Antimafia Domenico Guarascio (e di quella di assoluzione proposta dagli avvocati Vincenzo Ioppoli e Carlo Petitto).

L’inchiesta avrebbe delineato i nuovi assetti del clan i cui vertici erano stati decapitati dopo l’operazione Kyterion del gennaio 2015. Tra le condanne spiccava quella a 2 anni e 8 mesi di reclusione per l’avvocato Domenico Grande Aracri, fratello del boss ergastolano Nicolino (la cui posizione è stata stralciata); ma erano state condannate anche la moglie del mammasantissima, Giuseppina Mauro, a 14 anni, e la figlia Elisabetta, sempre a 14 anni. La pena più elevata era stata però quella a 16 anni per Domenico Scozzafava, portatore di voti di Tallini e pertanto ritenuto la figura cerniera tra ‘ndrangheta e politica, mentre 10 anni erano stati inflitti al presunto ideatore dell’affare, Salvatore Grande Aracri, nipote del mammasantissima.

Le indagini condotte dai carabinieri dei Reparti operativi di Crotone e Catanzaro si erano incentrate, si ricorderà, sul consorzio Farma Italia e la società di capitali collegata Farma Eko, i cui magement sarebbero stati direttamente controllati dalla cosca. Tallini, secondo gli inquirenti, avrebbe speso il suo ruolo di assessore regionale per favorire la conclusione dell’iter amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività del Consorzio FarmaItalia riconducibile alla cosca Grande Aracri, ovvero la commercializzazione all’ingrosso di prodotti farmacetuci e parafarmaceutici. Fu costituito un network con una ventina di punti vendita in Calabria, due in Puglia e uno in Emilia.

Per il gup, però, il rapporto tra Tallini e Scozzafava «non era fondato sul presupposto che lo Scozzafava facesse parte o avesse conoscenze serie nei contesti di ‘ndrangheta», tanto più che la cosca Grande Aracri «aveva il massimo interesse a celare il suo coinvolgimento nell’affare. Salvatore Grande Aracri, infatti, puntava a una cosa “il più pulita possibile” e in questa “filosofia”, secondo il gup, rientrava «il ricorso a figure istituzionali tra cui l’assessore». «In questa logica – sono le conclusioni del giudice – la cosa “più pulita possibile” avrebbe ragionevolmente preteso che l’assessore non avrebbe dovuto sapere, come gli altri membri estranei alla famiglia, che dietro il progetto ci fossero i cutresi».

Il gup osserva peraltro che non risulta provata l’ingerenza di Tallini nella nomina di Vitaliano Brancati a dirigente del dipartimento Tutela della salute, secondo l’accusa «volta ad assicurare il buon fine del progetto» ma «avvenuta sulla base di una procedura regolare». Né vi è prova che Tallini fosse intervenuto in sede di rilascio dell’autorizzazione non risultando sufficientemente provata neanche la circostanza delle minacce nei confronti di due dottoresse incaricate di controlli propedeutici.

La tesi del sostegno elettorale del clan non regge nemmeno, al vaglio del gup, poiché lo stesso Scozzafava rassicura Tallini che nel corso di un incontro non era presente il commercialista cutrese Leonardo Villirillo, tra i condannati. Il gup rileva anche che il figlio di Tallini, Giuseppe, inserito nella compagine che aveva costituito la società Farma Eko, soltanto nell’agosto 2015 apprende da un custode bengalese della presenza occulta dei Grande Aracri nel consorzio. Non vi è prova, pertanto, che Tallini jr avesse informato il padre ed è “plausibile” che entrambi, fino a quella data, non sapessero della riconducibilità dell’affare alla cosca.

La data “spartiacque” resta comunque il 28 gennaio 2015, quando scatta l’operazione Kyterion in cui fu coinvolto l’avvocato Grande Aracri (poi prosciolto dall’accusa di associazione mafiosa). Secondo l’impostazione accusatoria, osserva sempre il gup, gli eventi «avrebbero subito dovuto mettere in allarme il Tallini che da personaggio pubblico e navigato avrebbe dovuto immediatamente prendere le distanze da qualsiasi contesto in cui circolava il nome di Grande Aracri, allontanandosi in primis dall’avvocato di Cutro fratello del boss col quale avrebbe avuto rapporti».

Ma dall’inchiesta non è emerso alcun «rapporto diretto» tra il legale e Tallini e comunque «Grande Aracri Domenico veniva rilasciato poco dopo l’esecuzione del fermo il che almeno formalmente lo faceva apparire all’esterno distante dai fatti». L’avvocato Grande Aracri in realtà fu scarcerato dopo un mese dall’arresto nella parallela operazione Aemilia per possesso di detonatore (accusa da cui è stato assolto) e non fu attinto da misura cautelare nell’operazione Kyterion, in cui gli si contesta l’associazione mafiosa (che ancora pende dopo un lungo braccio di ferro con la Dda). Secondo il gup non è provato neanche che Tallini fosse al corrente che l’avvocato Grande Aracri mantenesse rapporti con la sua famiglia e «non può farsi ricadere sull’imputato, in virtù del suo profilo istituzionale, la mancata conoscenza di contenuti specifici di un’operazione dagli sviluppi processuali ancora in corso».

Non risulta che il legale fosse presente alla riunione del 3 ottobre 2014 in cui si discute di voti col management del consorzio e il commercialista Roberto Macheda. Un dato che «conferma ancora una volta la mancanza di un contatto diretto tra l’avvocato che rappresentava la cosca nel progetto del consorzio e il politico alla ricerca di consenso elettorale».

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