Giancarlo Pittelli
2 minuti per la letturaCATANZARO – Per i giudici del Riesame, Giancarlo Pittelli deve tornare in carcere. Questo in funzione dell’accoglimento della richiesta della Dda di ripristinare la misura inframuraria per l’avvocato 69enne, ex parlamentare di Forza Italia, ai domiciliari dal febbraio scorso, concessi dal Tribunale di Vibo. Una decisione che il Riesame ha definito «affetta da vizi di logicità, ragionevolezza e coerenza argomentativa», con l’aggiunta che il provvedimento era stato adottato «senza neanche attendere il termine di due giorni perché l’ufficio del Pm esprimesse il parere».
Il penalista, tra i principali imputati al maxiprocesso – accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e altri reati – non tornerà tuttavia subito in carcere in quanto occorrerà attendere la pronuncia della Cassazione a cui ricorreranno i legali dell’ex parlamentare, Salvatore Staiano e Guido Contestabile, per come dagli stessi preannunciato, per chiedere l’annullamento dell’ordinanza.
E le reazioni alla decisione del Riesame non sono tardate ad arrivare: «Ci sono varie cose che colpiscono in questa vicenda», afferma il “Comitato promotore dell’appello per Giancarlo Pittelli”, presieduto da Enrico Seta che ha raccolto oltre 2.500 firme in favore dell’ex senatore, tra cui quelle di 29 parlamentari in carica.
Il sodalizio parla «verdetto che si appiattisce sulle posizioni della Dda», e di «ferocia di una macchina giudiziaria, guidata dalle iniziative della Dda, che sembra avere smarrito ogni buon senso ed equilibrio», rilevando poi «la mancanza di equilibrio nei rapporti fra accusa e difesa che ormai si respira nei Distretti giudiziari calabresi. La celerità con cui, inoltre, è stata fissata l’udienza sull’appello della Dda è stata oggetto di una richiesta formale e pubblica di spiegazioni da parte della Camera penale di Catanzaro, a cui gli organi giudiziari interpellati, per quanto si sappia, non si sono ancora degnati di rispondere».
Ma l’elemento più «inquietante di tutti – si sostiene – è la ferocia persecutoria verso Pittelli che risalta su uno sfondo processuale fatto di indizi labili di un reato, già di per sé, sfuggente: il concorso esterno».
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