Il giudice Marco Petrini
3 minuti per la letturaCATANZARO – Cinque anni di reclusione, a fronte di una condanna in primo grado di 4 anni e 4 mesi di reclusione, per il giudice sospeso della Corte d’Appello di Catanzaro Marco Petrini. E la conferma delle condanne a 3 anni e 2 mesi per Emilio Santoro detto “Mario”, massone e medico in pensione di Cariati e già dirigente dell’Asp di Cosenza, e a 1 anno e 8 mesi per l’avvocato del Foro di Catanzaro Francesco Saraco, di Santa Caterina dello Jonio.
Sono le richieste della Procura generale di Salerno nel processo col rito abbreviato scaturito dall’inchiesta che nel gennaio 2020 portò all’operazione Genesi, condotta dalla Guardia di finanza di Crotone e dallo Scico di Roma, che scoperchiarono un vasto giro di corruzione giudiziaria.
I tre, dopo aver reso dichiarazioni confessorie, sono stati condannati per quasi tutti i capi d’imputazione e assolti per un episodio di corruzione che era contestato poiché Petrini, in relazione al processo Itaca Free Boat in cui Antonio Saraco e Adriano Gallelli erano stati condannati in Appello, avrebbe prospettato di favorirli nel processo d’appello bis in sede di rinvio; galeotta sarebbe stata la frase “Mario, è un processo che farò io”.
Il giudice, per l’accusa, aveva in cambio accettato la promessa di un’auto Smart. Petrini in primo grado era stato assolto anche dall’accusa di corruzione giudiziaria in concorso con un’avvocatessa con la quale aveva una relazione e che, secondo la Procura, avrebbe favorito in alcuni processi in cui era impegnata come difensore.
Il pg chiede però la condanna per questo capo d’imputazione, da qui la proposta di aumento di pena. Per tutti già in primo grado era stata esclusa l’aggravante mafiosa. Stando all’impianto delle accuse avallato dal gup, il magistrato catanzarese avrebbe agito, con Santoro quale emissario dell’ex consigliere regionale Pino Tursi Prato (per cui si procede a parte) per consentirgli la riassegnazione del vitalizio di cui era stato privato in seguito ad una condanna a sei anni di reclusione con interdizione perpetua per concorso esterno in associazione mafiosa.
Santoro avrebbe consegnato il denaro al giudice che, tra l’altro, avrebbe ottenuto anche due cassette di gamberoni e merluzzetti, una bottiglia di champagne più clementine, verdura e formaggi.
L’avvocato Saraco è accusato di essersi rivolto al giudice Petrini per ottenere la revoca della confisca di beni del valore di 30 milioni di euro disposta dal Tribunale di Catanzaro nei confronti di suo padre Antonio, ritenuto affiliato alla cosca Gallelli Gallace Saraco: 10mila euro il prezzo della corruzione, versato dal commercialista cosentino Antonio Claudio Schiavone, sempre per l’accusa, alla presenza di Santoro, nell’ascensore dello stabile di Lamezia Terme in cui il giudice abitava.
E ancora, il giudice si sarebbe adoperato a ridurre le pene, previa esclusione del reato di associazione mafiosa, a Antonio Saraco e Maurizio Gallelli, già condannati rispettivamente a 10 e 16 anni per estorsione, ricevendo una serie di utilità: non solo sciarpa e maglioncino griffati o le solite clementine, in quanto Petrini avrebbe accettato anche la promessa di un appartamento a Rho (realizzato da una società controllata dai Saraco) e di un assegno di 100mila euro emesso da Santoro a titolo di garanzia.
Petrini e Santoro sarebbero coinvolti nell’episodio di corruzione consistito nel favorire il coimputato Vincenzo Arcuri (per cui si procede a parte) in una causa intentata contro la Presidenza del Consiglio dei ministri e definita dal Tribunale di Catanzaro, con cui veniva dichiarato il difetto di legittimazione del convenuto, e appellata dall’attore che chiedeva il pagamento di 580mila euro per prestazioni professionali.
La parola alla difesa alla prossima udienza. Petrini è difeso dagli avvocati Agostino De Caro e Francesco Calderaro, Santoro dall’avvocato Michele Gigliotti, Saraco dagli avvocati Giuseppe Della Monica e Nico D’Ascola.
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