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L'ex sindaco di Nocera Terinese Fernanda Gigliotti

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NOCERA TERINESE (CS) – Il Comune è in ginocchio dopo che sull’ente si è abbattuto lo tsunami “Alibante”, l’inchiesta antimafia della Dda che ha causato anche lo scioglimento per mafia.

Un provvedimento supportato dalla relazione della commissione d’accesso antimafia. «La relazione prefettizia – afferma a tal proposito Fernanda Gigliotti, consigliere comunale di minoranza dell’ultimo Consiglio comunale e prima ancora sindaco – contenente le motivazioni del commissariamento per infiltrazione mafiosa del Comune di Nocera Terinese, è la fotografia di un paese ingovernabile e privo di agibilità democratica, come spesso affermato e denunciato dalla sottoscritta».

Gigliotti rivela di aver chiesto a Gratteri «di essere sentita e metterò a sua disposizione tutto quello che è a mia conoscenza e in mio possesso per meglio descrivere la radicalità, la capillarità dell’infiltrazione mafiosa nel nostro territorio».

Rimarca che «il pesante clima di condizionamento, d’altronde, io e il mio gruppo del Paese che Vogliamo, l’abbiamo subito sulla nostra pelle già quando venni eletta sindaco di Nocera nel 2016 e sfiduciata dagli alleati di governo solo dopo 19 mesi per aver detto troppi no all’ufficio tecnico e a quello amministrativo. Il condizionamento l’abbiamo subito ancora da candidata a sindaco nel 2018 per come ampiamente emerso nell’inchiesta Alibante».

A proposito dell’inchiesta, come si ricorderà, nelle carte emerge, tra l’altro, che, «attraverso inequivocabili intercettazioni», sarebbe emerso «un pesante condizionamento della campagna elettorale da parte di Carmelo Bagalà, fortemente contrario alla possibile rielezione del sindaco uscente Fernanda Gigliotti». E Gigliotti ricorda che «nel 2019, quando decisi di candidarmi nuovamente quasi l’ultimo giorno utile e quando loro, gli altri, non sono riusciti a formare la famosa terza lista per essere matematicamente certi di farci perdere, avranno pensato bene di garantirsi qualche possibilità di breccia nel caso della nostra vittoria, millantando appoggi anche a qualche candidato, malgrado la contrarietà di Bagalà. La sottoscritta tuttavia era una spina nel fianco del boss e dei suoi uomini perché da sindaco avevo tra le tante altre cose: iniziato ad usare fin dai primi giorni della mia elezione, con l’appoggio dell’allora prefetto Latella, le case a lui confiscate, di cui una affidata alla gestione del Comune e l’altra ai Carabinieri; disposto l’esecuzione delle ordinanze di demolizione di immobili e di pertinenze di immobili facenti capo direttamente agli odierni indagati nel processo Alibante;  deciso di far partire le tante lottizzazioni dei privati cittadini. incomprensibilmente ferme da venti anni e avere subordinato a queste la realizzazione di altri complessi edilizi su terreni pubblici; non avere raccolto le richieste degli uomini del boss sulla gestione di alcune concessioni demaniali».

Come si ricorderà, nell’inchiesta “Alibante”, si fa particolare riferimento alla campagna elettorale del 2018 quando venne eletto sindaco Massimo Pandolfo che dopo soli tre mesi gettò la spugna. Emerge che Bagalà, si sarebbe «fattivamente attivato per procurare voti a Massimo Pandolfo, intimando, inoltre, a Vittorio Macchione, ritenuto organico alla cosca e con il quale aveva stabili e risalenti cointeressenze illecite) di ritirare il suo appoggio a Fernanda Gigliotti».

Da una lettura delle intercettazioni – secondo gli inquirenti – «dietro la candidatura di Fernanda Gigliotti vi era la regia occulta di Vittorio Macchione» e che per questo sarebbe stato rimproverato dal boss.

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