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CATANZARO – Il “principino”, come lo chiamavano, va al 41 bis. Antonio Gallo, l’imprenditore di Sellia Marina, secondo la Dda di Catanzaro a servizio delle cosche, che avrebbe gestito in regime di sostanziale monopolio il settore delle forniture di dispositivi antinfortunistici, è stato sottoposto al regime carcerario duro.
Lo si è appreso ieri nel corso della prima udienza del processo col rito ordinario (lo difende l’avvocato Piero Mancuso) a carico di una cinquantina imputati scaturito dall’inchiesta che un anno fa portò all’operazione Basso profilo, condotta dalla Dia contro una presunta cricca affaristico-mafiosa di cui avrebbe fatto parte perfino l’assessore regionale uscente al Bilancio, quel Franco Talarico per il quale i pm hanno chiesto la condanna a otto anni nel filone del rito abbreviato.
Del resto, Gallo, imputato di associazione mafiosa e altro, secondo gli 007 della Dia era “di casa” dal boss di Cutro, Nicolino Grande Aracri, vertice indiscusso di una “provincia” di ‘ndrangheta, ma anche dal capobastone di Mesoraca, Mario Donato Ferrazzo, con il quale partecipò a varie cene.
Ma di lui avrebbe parlato anche il boss di Papanice Mico Megna a cui era stato chiesto appoggio da un concorrente campano per affidamenti diretti dal Consorzio Jonio crotonese. Megna, dopo avere saputo che l’eventuale suo appoggio avrebbe pregiudicato Gallo, avrebbe ricusato il competitor.
Gallo avrebbe interagito anche con i capi del “locale” di Cirò spazzato via dall’operazione Stige, già sfociata in condanne per oltre un millennio. Durante l’inchiesta è stato censito il caratteristico scambio di doni nelle festività comandate, quale segno di reciproco rispetto.
Un segno di questa vicinanza ai clan viene ritenuta pure la partecipazione di esponenti delle cosche al suo matrimonio, tenutosi a Cirò Marina, sede del “crimine” provinciale, e non già in una località del Catanzarese – annotano sempre gli 007 – da dove sia lui che la moglie Rosa Talarico provengono. Gli inquirenti rilevano anche “l’ostentato legame con le cosche reggine e il fatto che l’indagato vantasse di avere aperto una filiale della sua ditta nel quartiere Archi, storica roccaforte delle più importanti cosche di Reggio Calabria (i De Stefano Tegano Condello).
Al di là dell’appoggio alle elezioni nazionali del 2018 all’assessore regionale Francesco Talarico, costato al politico l’arresto – poi revocato – per voto di scambio, Gallo è una figura centrale dell’inchiesta anche per la messa a punto di una organizzazione servente le cosche (Trapasso di Cutro, Bagnato di Roccabernarda, Ferrazzo di Mesoraca) finalizzata a commettere reati tributarie l’incredibile volume di affari del sodalizio (viene ripercorso un giro di 250 milioni in termini di false fatturazioni emesse da società cartiere).
Anche i collaboratori di giustizia ne parlano. Il pentito di Roccabernarda Domenico Iaquinta ricorda i “regali di super lusso” al boss Bagnato. «Gli mandava champagne, buttigghja e na colomba artigianale, ve l’haj dittu».
Non solo champagne. Nel 2018 Gallo avrebbe acquistato ben 18 rolex da destinare agli uomini dei clan.
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