La sede della corte d'Appello di Catanzaro
2 minuti per la letturaLAMEZIA TERME – La Procura generale rinuncia al ricorso in Cassazione e l’avvocato Giovanni Scaramuzzino detto “Chicco” esce definitivamente di scena dal processo “Perseo”.
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SULL’OPERAZIONE PERSEO
L’avvocato era stato condannato in primo grado a 3 anni dal Tribunale di Lamezia per le truffe assicurative e assolto, invece, per il reato concorso esterno in associazione mafiosa (il pm aveva chiesto 12 anni) (LEGGI LA NOTIZIA). In appello poi era stato assolto “perché il fatto” non sussiste per i due capi d’accusa (la procura aveva ribadito la richiesta di condanna a 12 anni).
Per l’avvocato Scaramuzzino (difeso dagli avvocati Francesco Gambardella e Francesco Siracusano) ora l’assoluzione sia per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa che per le truffe assicurative è divenuta definitiva poiché la procura generale non ha proposto appello in Cassazione. “Non appare raggiunta la prova in dibattimento del concorso esterno dell’imputato nel reato associativo” avevano scritto i giudici (per l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa) del Tribunale di Lamezia nei confronti di Scaramuzzino nelle motivazioni della sentenza di primo grado emessa il 16 dicembre 2016, mentre per le truffe assicurative, la posizione di Scaramuzzino – scrivevano i giudici del collegio penale di Lamezia – “non appare quella del promotore, bensì del partecipe, emergendo dalle complessive fonti di prova che gli organizzatori delle truffe fossero Giampà Giuseppe e Trovato Franco”.
Il processo “Perseo” si era concluso con la condanna (anche in appello) di tutti e 21 gli imputati che avevano scelto il rito ordinario (LEGGI LA NOTIZIA) e che erano stati arrestati insieme ad altre 43 persone nell’operazione antimafia “Perseo”, scattata il 26 luglio 2013 (LEGGI LA NOTIZIA) contro la cosca Giampà di Lamezia Terme e condotta dalla Dda di Catanzaro assieme a polizia, carabinieri e guardia di finanza. La Corte Suprema, invece, si dovrà pronunciare per gli altri 20 imputati condannati con il rito ordinario dal Tribunale di Lamezia e poi dalla Corte d’Appello di Catanzaro a luglio 2017.
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